05/03/2025
ore 21:00
06/03/2025
ore 21:00
07/03/2025
ore 21:00
08/03/2025
ore 19:00
09/03/2025
ore 18:00

UNA VERDE VENA DI FOLLIA
tratto dal libro La vena verde (IQdB Edizioni)
di Alessio Arena
liberamente ispirato alle lettere di Maria Antonietta Portulano Pirandello
adattamento teatrale e regia Emanuela Giordano
con Mascia Musy e Viviana Lombardo
musiche originali Tommaso Di Giulio e Leonardo Ceccarelli
scene, costumi, luci Emanuela Giordano

produzione Teatro Biondo Palermo

 

Una verde vena di follia è un canto d’amore e di alterità ispirato alle lettere che la moglie di Luigi Pirandello, Maria Antonietta Portulano, scrisse al figlio Stefano. 
Ci troviamo nell’Italia del secolo scorso, dove le donne “eccentriche” o di “eccessivo ed anarchico temperamento” venivano rinchiuse in “Case di custodia e cura”. La protagonista provoca, tiranneggia e cerca conforto nell’unico essere umano che ha la sventura di starle accanto: un’infermiera/custode che farebbe volentieri a meno di ascoltare le confessioni e gli sfoghi della donna, di contenere i suoi improvvisi sbalzi di umore e i tentativi di fuga. Nonostante la forzosa convivenza, gli scherzi atroci, gli spaventi continui, le vessazioni reciproche, le due donne instaurarono una relazione di mutua comprensione, quasi una sovrapposizione delle proprie esistenze ai margini, con accenti di improvvisa ironia, per ritagliarsi quel lembo di felicità che spetta a tutti gli esseri umani. L’odiato e amatissimo marito, egli stesso vittima e carnefice della donna, è continuamente evocato, raccontato, svelato, sognato. Mettiamo in scena un destino femminile che ci cammina a fianco, spiega la regista Emanuela Giordano. Siamo tutte figlie o nipoti della protagonista, donna di “inopportuna” fierezza, audace esploratrice di fantasie e verità scomode. Se fosse nata oggi, probabilmente, sarebbe un’artista di strada, una poetessa, Marina Abramovich, Alda Merini o magari una rock star. Avrebbe trasformato la sua “follia” in potenza creatrice. Sono partita da questa intuizione. Ho quindi immaginato una donna senza sospiri e vittimismi, visionaria e contraddittoria, che “grida” la sua necessità di esprimersi e di amare. In scena con lei, l’infermiera che l’accudisce oppone agli sproloqui e alle intemperanze della “matta” un ostinato silenzio. Ai pazzi, si sa, non bisogna dare confidenza. Grazie al suo sguardo rivelatore, che muta nel tempo, ho cercato di raccontare la nostra paura di contaminarci, perché la linea di confine tra normali e “anormali” è così sottile che potremmo facilmente valicarla. La Storia, quella con la maiuscola, incombe nella stanza con notiziari radio di imprese belliche deliranti, la musica, invece, ballata, cantata ed infine immaginata ci regala libertà e poesia e ci conduce verso quella sottile linea verde nella quale cercare salvezza. Gli uomini, evocati, amati, disprezzati, gli uomini dell’ordine sociale e delle apparenze, restano fuori come un’ombra, un mito, una condanna.