‘A morte dint’ ‘o lietto ‘e Don Felice

da Antonio Petito
adattamento e regia Michele Danubio
con Roberta Serrano, Ivano Schiavi, Francantonio, Ciro D’Errico, Antonio Conforti, Maria Chiaravalle, Enzo Pullo
scene Tonino Di Ronza
costumi Annamaria Morelli
disegno luci Peppe Cino
assistente alla regia Niko Mucci
assistente ai costumi Giuseppina Coviello
direttore di scena Marcello Iale

“…Quello che mi passa per la testa in questo momento è di urlare, urlare per riempire un silenzio. Non mi sento rappresentato, non trovo riferimenti e non so se il problema siano i miei occhi, le assenze, le negligenze o la mia sorda superbia. E allora scrivo…:”
In un castello di un tempo non lontano, lasciato all’incuria, alla stanca generosità di un vecchio romantico, tre avventori si spartiscono i disagi di una notte di tempesta: Felice e Cardillo, due militi in congedo con due destini distinti, dove l’intraprendenza(?), la determinazione(?), la scaltrezza(?) del primo determina il dolore, lo smarrimento, la remissione nell’altro, e Pulcinella, un casuale, inatteso compagno di viaggio. In una dimora presa d’assedio da una natura sinistra si danno appuntamento ombre del passato e del presente, ricordi, ipotesi, in un confronto annunciato, nella confusione grottesca della riscossione di una eredità. Il passato e il presente si impattano l’uno sull’altro in una impossibile soluzione di continuità e gli eredi, per le fortunate(?) risorse magiche o per la determinazione di cui sopra hanno ragione su ogni obiezione, su ogni monito, dimentichi di una stagione madre di cui preferiscono sentirsi orfani.
Tratto da A’ morte dint’ o’ lietto ‘e Don Felice di Antonio Petito, il testo si articola sull’impalcatura originaria nutrendosi delle perfette intuizioni comiche di Petito ma contaminandosi di suggestioni drammaturgiche più vicine alle necessità di risposta che i nostri tempi richiedono…e tra le mani, nei miei pensieri Ninetta, Felice, Cardillo, Simone, rompono gli argini di uno stereotipo e si prendono spazio, chiedendo ascolto. Quanto a Pulcinella, impastato come sono dei suoi dubbi, della sua impotenza, del suo essere quel grande Incompiuto Napoletano che tutti ormai tendono a negare, strenuamente lo difendo in un limbo dove le “intellighenzie moderne” non possano raggiungerlo, in attesa di tempi più maturi.
Michele Danubio