CHIE-CHAN E IO

di Giorgio Amitrano
tratto dal romanzo di Banana Yoshimoto
commissione del Napoli Teatro Festival Italia
per la regia di Carmelo Rifici
con Caterina Carpio, Alessia Giangiuliani, Guglielmo Menconi, Francesca Porrini, Cinzia Spanò
scene Guido Buganza
luci Jean-Luc Chanonat
stylist Simone Valsecchi
con il patrocinio della Fondazione Italia Giappone una produzione Napoli Teatro Festival Italia – Mercadante Teatro Stabile di Napoli – Teatro Eliseo

Giorgio Amitrano, su commissione del Napoli Teatro Festival Italia, nell’ambito del quale debutterà il 13 giugno prossimo, ha adattato per la scena l’ultimo romanzo di Banana Yoshimoto immaginado “il monologo interiore di Kaori, fluire attraversando le voci, i volti, i corpi di quattro attrici, come in un gioco polifonico che solo ogni tanto si solidifica in scene tradizionali, nelle quali il testo è diviso in un gioco di battute che rimbalzano in personaggi riconoscibili”. Nelle sue note di regia Carmelo Rifici definisce Chie-Chan e Io un testo enigmatico. “Attraverso il racconto di un avvenimento, un incidente d’auto non grave capitato alla cugina della protagonista, la scrittrice giapponese sviluppa  un discorso sul tema del desiderio, o meglio, sul conflitto tra desideri materiali e quelli dell’“anima”. È il punto di partenza di un testo costruito come una ragnatela, un labirinto della mente in cui i pensieri si moltiplicano all’infinito. Per questo si è deciso di dare più voci al personaggio principale, in modo da permettergli di continuare ad interloquire con se stesso.  La realizzazione del desiderio, sia materiale che spirituale, si attua durante l’attività onirica, la regia si appropria di questo dato per costruire uno spettacolo immerso in un’atmosfera da sogno. Gli avvenimenti, i pensieri, le contraddizioni che si susseguono in maniera caotica, confusa, senza logica realistica nella mente di Kaori, la protagonista, sono giustificati da una rappresentazione che procede come un sogno continuo, un sogno dentro il sogno. A volte effimero, come quello di una vita di lusso (molti sono gli episodi ambientati in ristoranti eleganti o nella moda) a volte inquieto e disarmante, riflesso delle paure che attanagliano l’individuo: la paura della solitudine, della malattia, della morte “.