drammaturgia e regia Antonella Monetti
con Antonella Monetti
danzatore Antonio Vitale
al contrabbasso Michelangelo Severgnini
alla tromba Ciro Riccardi
costumi Zaira de Vincentiis
disegno luci Gigi Saccomandi
assistente alla regia e coreografie Linda Martinelli
installazione scenica Marco Di Napoli
datore luci Carmine Pierri
tecnico video Alessandro Innaro
sarta Patrizia Salvio
sartoria Zambrano
foto Marco Ghidelli
materiale video Emmedue
produzione Teatro Stabile di Napoli
Ripercorrere la cronaca della visita ai “Granili” di Anna Maria Ortese, significa innanzitutto non prefiggersi di scorrere il susseguirsi degli episodi narrati: piuttosto lasciar risuonare il disorientamento dell’autrice nel vivere quell’esperienza.
Significa, forse, cercare, durante la traversata nei recessi della città Medea, le distinzioni tra la paura della morte, la paura del trascinarsi della vita nei disagi estremi della malattia e della miseria, la poesia di gesti umani che esprimano vita al di là di tutto, la ricerca di singoli istanti di bellezza, ma anche di animalità furibonde, di sensualità che la disperazione può far divenire malata, inquietante.
Dalle vicende legate ai bambini della casa proviene il grido più struggente, quello che impressiona poiché vivo:
“… in questa casa ce ne saranno almeno ottocento, di questi birichini, ma non conoscono la santa obbedienza, purtroppo non sono educati.”
Non sono “belli lo stesso” e non sono poetici affatto, gli scugnizzi della Ortese, anzi: sono nudi, freddi, sporchi, minacciosi, violenti, malati, morti. Bambini già vecchi, bambini che sembrano danzare giochi terminali.
In scena, oltre a una attrice, che recita il testo, alla musica di una settecentesca Medea di Anton Jiri Benda eseguita dal vivo da contrabbasso e violoncello, a visioni proiettate su tramezzi improvvisati (scene di un altrove, furtive come fughe) ci sarà un danzatore sessantacinquenne, il cui corpo vuole incarnare proprio quella non -innocente infanzia e i suoi giochi terminali. Essi appaiono nella difficoltà di godere della danza per la fatica del gesto, danza alla quale non si arrende, anzi si abbandona e dalla quale si lascia attraversare.
Antonella Monetti
Sempre più stiamo tentando di caratterizzare lo spazio del Ridotto come luogo di pertinenza quasi esclusiva delle nostre produzioni e come luogo di ricerca e studio più che come sede di confezione di veri e propri “prodotti teatrali”. In questo disegno si inserisce il progetto de Il mare non bagna Napoli. Non ho bisogno di presentare il volume di racconti della Ortese: una delle opere di bellezza più lancinante e poetica sulla Napoli del dopoguerra. Le pagine della Ortese non sono evidentemente scritte per il teatro ma hanno una risonanza che fa spesso pensare ad una naturale derivazione teatrale. I racconti sono molto diversi: alcuni intimi, altri di grande respiro corale, alcuni realistici, altri surreali fino all’espressionismo. Abbiamo allora pensato di affidare a cinque registi diversi la trasposizione dei cinque racconti. Ho tenuto per me, e per Gaia Aprea, il primo racconto, Un paio di occhiali, e affidato ad un gruppo, in cui prevale largamente il sesso femminile, la trasposizione degli altri racconti. Ci siamo dati delle regole: grande essenzialità per l’aspetto scenografico, unitarietà nella scelta dei collaboratori del regista: Zaira De Vincentiis come costumista e Gigi Saccomandi come light designer; fatte salve alcune premesse di continuità abbiamo lasciato che i cinque piccoli spettacoli trovassero ognuno la sua strada e si differenziassero in modo analogo a quanto sono diversi i racconti. Il risultato almeno un sicuro vantaggio lo avrà procurato: far avvicinare o riavvicinare i nostri spettatori ad un volume di grande bellezza. Se siamo bravi e fortunati potrà capitare anche che si stabilisca una interessante varietà nella continuità e che i diversi registi e le diverse “compagnie” possano rispecchiare la comune versione amara, pessimista, tenera e malinconica di tutti i racconti ma anche la dimensione elegiaca del primo, intimista e quasi umoristica del secondo e così via.
Luca De Fusco
una produzione Teatro Stabile di Napoli
15 – 20 gennaio 2013 Un paio di occhiali, regia Luca De Fusco
29 gennaio – 3 febbraio 2013 Interno familiare, regia Paolo Coletta
11 – 17 febbraio 2013 Oro a Forcella, regia Alessandra Cutolo
25 febbraio – 3 marzo 2013 La città involontaria, regia Antonella Monetti
11 – 17 marzo 2013 Il silenzio della ragione, regia Linda Dalisi