Ospitalità

17 – 27 aprile 2008 | Sala Ridotto

Tournesol
Il mondo deve sapere.
Romanzo tragicomico di una telefonista precaria
di Michela Murgia
con
Teresa Saponangelo, Fortunato Cerlino, Carmine Borrino
adattamento del testo David Emmer, Gianluca Greco e Teresa Saponangelo
regia David Emmer
aiuto regia Valentina Rapetti
scene e costumi Marina Schindler
disegno luci Gianni Netti
foto di scena e grafica Fabio Esposito
relazioni esterne Rosalba Ruggeri

Il Mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria è il primo romanzo di Michela Murgia. È il diario di un mese in un call center. Per trenta interminabili giorni, l’autrice ha venduto, al telefono, per una multinazionale americana, aspirapolvere a migliaia di casalinghe. Intanto annotava tecniche di persuasione e castighi aziendali, descrivendo un modello lavorativo a metà tra berlusconismo e scientology.
David Emmer mette in scena la “tragicommedia quotidiana del precariato” sollevando il velo su alcuni lati inquietanti di un certo tipo di lavoro, attraverso un testo perfettamente calato nella realtà dei nostri giorni, che riguarda soprattutto le donne.
Il Mondo deve sapere è il diario in presa diretta di un mese vissuto nell’inferno del telemarketing raccontato da un’operatrice telefonica.
Protagonista è Teresa Saponangelo, la giovane ma affermata attrice, diretta negli anni da registi quali Mario Martone, Giorgio Barberio Corsetti e vincitrice del Premio Ubu 2000 per l’interpretazione di Dorina nel Tartufo di Molière firmato Toni Servillo.
La cosa che ha colpito di più il regista leggendo il libro (che in origine non era neanche un libro, ma un blog tematico sul lavoro che stava svolgendo l’autrice) è il suo aprirsi, come scatole cinesi, su tematiche via via sempre più ampie riguardanti il mondo del lavoro e la dignità personale. Partendo da un punto di vista particolare, l’esperienza privata in un call center, si arriva a parlare più in generale di un modello lavorativo che, soltanto in Italia, impiega quasi 200.000 persone. Per lo più donne. Donne di tutti i tipi, che spesso si vergognano di dire agli amici e conoscenti che tipo di lavoro fanno, che si danno da fare nell’ombra in un ufficio piccolissimo, suddiviso in postazioni piccolissime, all’incirca la metà di un banco di scuola, dove c’è spazio solo per un pc e un telefono, con la faccia rivolta-schiacciata-ad un muro, messe tra loro in competizione, divise solo da un sottile pezzo di compensato. Con un contratto capestro.