LA PELLE

di Curzio Malaparte
adattamento e regia Marco Baliani
con Marco Baliani, Elisa Cuppini, Marion D’Amburgo, Alessandra Fazzino, Maria Maglietta, Simone Martini, Guido Primicile Carafa, Michele Riondino, Giuseppe Sangiorgi, Caterina Simonelli
scene e costumi Marion D’Amburgo
luci Roberto Innocenti
musica Mirto Baliani
una produzione Mercadante Teatro Stabile di Napoli / Teatro Metastasio Stabile della Toscana

Poche volte un progetto di coproduzione come questo di Baliani sulla Pelle di Malaparte, tra lo stabile di Prato e il Mercadante, nasce da una vera necessità. Malaparte è nato a Prato e La Pelle

racconta Napoli, ma questo è l’aspetto occasionale, mentre il legame è più profondo. Da un lato due teatri che si interrogano sul presente e un artista come Baliani che per realizzare questo spettacolo si è realmente diviso tra Napoli e Prato.

Un lavoro di studio, un laboratorio è stato l’inizio e si è svolto a Napoli
al Mercadante, con un gruppo di giovani attori che ritroviamo in parte nello spettacolo.
E da qui, da un lavoro sul campo, che Baliani è partito per la sua riflessione sul significato della Pelle come metafora di qualche cosa di più profondo ed oscuro che non è la Napoli del dopoguerra ma uno spettacolo che sa guardare all’oggi, senza veli, scavando  “sotto La Pelle”. Vi è poi l’interesse per il Mercadante di iniziare una collaborazione con Prato, il teatro diretto da Federco Tiezzi. Napoli e Prato  sono città che hanno poco in comune, ma l’idea di teatro come elemento costante di critica e come palcoscenico della contemporaneità possono essere un più forte e reale punto d’incontro.
”Lo spettacolo – spiega Baliani nelle sue note di regia – seguendo l’andamento per frammenti del romanzo, è una successione di quadri, come un attraversamento di gironi che all’infernale hanno sostituito la miseria dell’umano, e la sua grandezza rovinosa: Il Miracolo dei bambini, Il trionfo della Morte, I corpi in vendita……Lo spazio scenico è una stiva vuota, un deposito di scarti – umani e non – dove la luce agisce da protagonista, illuminando i corpi con lampi caravaggeschi, o cancellandoli in bui improvvisi, oppure segnalandoli con piccole luminarie, luci da sopravvissuti, incerte, traballanti, incomode, come se anche l’energia luminosa fosse malata e stanca, prossima a mancare”.