Grande è stata la mia gioia e il senso di responsabilità quando Diego Nuzzo, scrittore raffinato e animo nobile, mi ha fatto leggere Lettere intime, proponendomi di portarlo in scena. Il suo dolce e splendido racconto parla di tante cose che mi stanno a cuore: la solitudine, non subita ma scelta, preziosa, cercata, goduta; il tempo, da vivere densamente, senza la frenesia della continua corsa del quotidiano, in cui stare intimamente con se stessi, dando modo ai pensieri e alle emozioni di decantare; la musica, con la sua
Grande è stata la mia gioia e il senso di responsabilità quando Diego Nuzzo, scrittore raffinato e animo nobile, mi ha fatto leggere Lettere intime, proponendomi di portarlo in scena. Il suo dolce e splendido racconto parla di tante cose che mi stanno a cuore: la solitudine, non subita ma scelta, preziosa, cercata, goduta; il tempo, da vivere densamente, senza la frenesia della continua corsa del quotidiano, in cui stare intimamente con se stessi, dando modo ai pensieri e alle emozioni di decantare; la musica, con la sua capacità di raccontare storie sempre diverse, sempre nuove, a seconda dell’ascoltatore e del momento; la delicatezza, dei sentimenti, delle azioni, delle parole; l’amore, motore pulsante della vita, vissuto, desiderato, atteso, finito, necessario. Tutto questo attraverso le parole di un uomo di cui non conosciamo e non conosceremo mai il nome, avvolto dalle immagini di Alessandro Papa e immerso nei suoni di Italo Buonsenso.
Paolo Cresta