PINOCCHIO che cos’è una persona?
ideazione, drammaturgia e regia di Davide Iodice
con Giorgio Albero, Gaetano Balzano, Danilo Blaquier, Federico Caccese, Stefano Cocifoglia, Giuseppe De Cesare, Simona De Cesare, Patrizia De Rosa, Gianluca De Stefano, Paola Delli Paoli, Chiara Alina Di Sarno, Aliù Fofana, Cynthia Fiumanò, Vincenzo Iaquinangelo, Marino Mazzei, Serena Mazzei, Giuseppina Oliva, Ariele Pone, Tommaso Renzuto Iodice, Giovanna Silvestri, Jurij Tognaccini, Renato Tognaccini
compagnia Scuola elementare del teatro APS
partner Teatro Trianon Viviani, Forgat ODV
training e studi sul movimento Chiara Alborino e Lia Gusein-Zadé
equipe pedagogica e collaborazione al processo creativo Monica Palomby, Eleonora Ricciardi
tutor Danilo Blaquier, Veronica D’Elia, Mara Merullo
cura del processo laboratoriale Scuola Elementare del Teatro Aps
versi Giovanna Silvestri
realizzazione scene Ivan Gordiano Borrelli
cura dei costumi Daniela Salernitano con Federica Ferreri
tecnico audio Luigi Di Martino tecnico luci Mattia Santangelo
direttrice di produzione Hilenia De Falco
foto Renato Esposito
si ringraziano Gabriele D’Elia, Tonia Persico, Ilaria Scarano
produzione Interno 5, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Davide Iodice nelle sue note spiega che Pinocchio pone la questione del rapporto con la genitorialità; l’ispirazione è connessa al momento in cui Pinocchio ritrova suo padre nella pancia della balena. Geppetto gli dice che tra un po’ la candela si spegnerà e rimarranno al buio. Pinocchio risponde: “E dopo?” e Geppetto non riesce a trovare la risposta, la soluzione la troverà Pinocchio. Questo “dopo” è un po’ la domanda principale che si pone qualsiasi genitore di un ragazzo ‘straordinario’ come preferisco dire, scrive Davide Iodice nelle note, nel senso di extra-ordinario, cioè fuori dall’ordinario. La risposta non spetta solo alla famiglia, ma anche alla società, alla comunità, a chi si occupa di assistenza. Geppetto è un genitore che ha un figlio generato da un pezzo di legno e vuole a tutti i costi renderlo “normale”. Noi che lavoriamo con la diversità e la fragilità, sappiamo come il concetto di normalità sia molto malinteso e pericoloso. Sento l’esigenza, dopo anni, di fare un vero e proprio manifesto per e sulla disabilità. Spesso c’è tanta retorica, tanta carità un po’ penosa. Quello della disabilità è un mondo molto complesso e ricco, c’è una volontà di espressione da parte di questi ragazzi, di essere visti per quello che sono. Ai ragazzi spiego che la “normalità” è il diritto ad avere momenti di felicità, di espressione, di condivisione”.