SCALO MARITTIMO
di Raffaele Viviani
regia Giuseppe Miale di Mauro
con Francesco Di Leva, Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino
e con Andrea Vellotti, Pasquale Aprile, Federica Carruba Toscano, Francesca Fedeli, Irene Scarpato
musicisti Simona Boo, Maryam Germinario, Simone Ndiaye
direzione musicale Mario Tronco
scene Luigi Ferrigno
costumi Giovanna Napolitano
disegno luci Luigi Biondi
assistente regia Francesca Fedeli
assistente alle scene Rosita Vallefuoco
assistente ai costumi Sara Oropallo
foto di scena e interventi video Carmine Luino
un progetto Compagnia Nest
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Nel corso delle rappresentazioni il foyer del teatro ospiterà una postazione di MEDICI SENZA FRONTIERE di sensibilizzazione e informazioni per il pubblico sulle iniziative e le attività di MSF, Premio Nobel per la Pace 1999
Durata: 1 ora
Non c’è tempo migliore di questo per ripercorrere la storia della migrazione italiana. Non c’è tempo migliore di questo in cui l’Italia è la meta sognata dagli immigrati che decidono di fare il lungo e tortuoso viaggio verso la libertà.
Scalo Marittimo ci permetterà d’indagare sulla genesi del pregiudizio che accompagna da sempre i fenomeni migratori.
Raffaele Viviani ha scritto questo testo nel 1918, più di cento anni fa, ambientando l’atto unico su una banchina del porto di Napoli nei minuti che precedono la partenza del piroscafo “Washington” verso l’Argentina. È sorprendente come il solo testo di Viviani ci permetta di parlare di immigrazione senza fare cronaca, tanto che quelle parole scritte più di cento anni fa, dette oggi riportano immediatamente l’immaginario collettivo ai viaggi in mare contemporanei e rendono il testo ancora più universale. Un’antica storia d’emigrazione raccontata dal futuro, in cui tre giovani musicisti figli di immigrati, nati e cresciuti in Italia, totalmente integrati nel territorio, un giorno trovano nella loro aula del conservatorio il testo di Viviani e cominciano a leggerlo cantando le didascalie. Quella storia ricorderà molto quella dei loro avi. Mentre cantano le didascalie del testo si materializzerà ciò che stanno leggendo in scena. Uno spettacolo in cui, come in una foto sbiadita dal tempo, restano i ricordi di anni precedenti in cui solo volti e abiti somigliano a ciò che è stato. La risacca di un’eredità che porta a riva solo ciò che è rimasto. Una foto che si compone e scompone man mano che la storia va avanti e si fa teatro: personaggi, prosa, musica, versi, per poi ritornare a essere quella foto da tenere come memoria del tempo.
Un modo per analizzare un’inattualità che è straordinariamente attuale. Con l’onore e l’onere di essere tra i primi a poter trattare la drammaturgia di Viviani senza nessun tipo di vincolo, con la consapevolezza di trovarsi di fronte a un autore universale. Partendo da una presa di posizione precisa sul fenomeno dell’emigrazione che Viviani spiega attraverso le parole del Doganiere quando gli fa dire: «Povera gente! Quante belle energie costrette a disperdersi per il mondo!»
Compagnia Nest e Mario Tronco