STORIE NATURALI E STRAFOTTENTI – RAGAZZO DI TRASTEVERE

drammaturgia e regia Giuseppe Sollazzo
con Anna Ammirati, Michele Costabile, Davide Paciolla

scene Luigi Ferrigno
costumi Zaira de Vincentiis
disegno luci Gigi Saccomandi
registrazioni audio video Alessandro Papa
voce registrata Mariano Rigillo
foto di scena Laura Micciarelli

produzione Teatro Stabile di Napoli

I personaggi di Peppino Patroni Griffi non sono fatti della stessa sostanza dei sogni. Otello – protagonista di “Ragazzo di Trastevere” – non vuole farsi piovere in testa. Nello stanzino in cui dorme non ha neanche lo spazio per girare intorno al letto e la pioggia attraversa il tetto, nonostante la pece. Così, in cerca di aria e di luce, il giovane trasteverino si arruola volontario per l’Africa.  E il suo apprendistato   alla vita    comincia nel peggiore dei modi: con la scoperta dell’orrore della guerra.  E’ un girotondo di ultimi quello che ci presenta l’autore de Il mio cuore è nel sud, una giostra di tipi impegnati ognuno   nella propria personale battaglia contro solitudini e miserie.   Le avventure di Otello si dipanano in un mondo non ancora “mcdonaldizzato”, dove i bisogni sono quelli primari e l’altalena di brutalità e tenerezze, di desideri soddisfatti e di speranze deluse, Patroni Griffi le racconta con una prosa ricca e varia che    – come ricorda Borges – si rivela come la forma più difficile della poesia.
Patroni Griffi fa con le parole quello che Picasso ha fatto con il  volto umano: spostando  gli occhi e  i  nasi  dove non dovrebbero stare costringe a guardarli meglio; così, nel Ragazzo di Trastevere , le parole non sembrano   imbalsamate dall’uso,  sono le parole di sempre ma con l’abito della domenica.   Una scrittura che ha la forza di un linguaggio che parla della vita, senza essere il linguaggio della vita. Un linguaggio alto, letterario, con il quale l’autore ci racconta le vicende di personaggi – come scriveva Moravia –  “dalla vita semplice fino al mistero”.  Otello è un anti-eroe dei nostri tempi, troppo povero per permettersi una morale, ma tanto spavaldo da battere i pugni sul tavolo del destino per chiedere la propria parte di felicità.  In fondo è un uomo come tanti, verrebbe da dire come tutti: con la paura della morte e bisognoso d’amore.

Giuseppe Sollazzo