TALE MADRE, TALE FIGLIA
di Laura Forti
con Anna Ammirati, Marion Marcucci
musiche originali Teo Paoli
luci Luca Bronzo
costumi Marzia Paparini
spazio scenico Mario Fontanini
regia Laura Forti
produzione Fondazione Teatro Due
Parlare del rapporto madre-figlia significa, inevitabilmente, mettersi in gioco e affrontare i nostri fantasmi, buoni o cattivi che siano. Il rapporto che una donna ha con la propria madre è sempre importante, lo è altrettanto superare quel rapporto e trovare una propria identità adulta e una nuova ridefinizione: non uno specchio narcisistico e statico in cui la madre e la figlia si guardano nell’illusione di vedere parti di sé, realizzazioni di mancate aspirazioni, neanche un conflitto adolescenziale retto sull’invidia e sulla competizione, ma due persone distinte, con vite distinte, che si accompagnano lungo l’arco dell’esistenza in un continuo divenire e che hanno in comune un amore infinito, assoluto.
Il testo affronta un rapporto tra una madre ancora giovane Lucia e una figlia, Camilla, che si affaccia all’adolescenza: tutte e due hanno un’età in cui sono chiamate a agire da protagoniste nei loro rispettivi ambienti sociali, lavoro e scuola, tutte e due hanno a che fare con una società fortemente competitiva e sessista, dove le donne devono faticare il doppio per affermarsi. Una società che spesso chiede alle donne di costruirsi un’identità-corazza per stare a galla, per non farsi schiacciare: a volte il prezzo di questa tensione è alto. Che strumenti può dare una madre a una figlia perché non si faccia del male, perché non ripeta i suoi sbagli? E una figlia, a chi può raccontare i suoi problemi, da chi può avere un sostegno se non da sua madre? Eppure, a volte, questa comunicazione non funziona: non c’è tempo per dirsi una parola, per comprendersi, per aprire il cuore. Il bagno diviene così il luogo dell’incontro e del confronto, dello sfogo e della purificazione, del cambiamento e forse del ritrovamento di sé, di un’intimità con la propria anima, che spesso ci negano o ci neghiamo, ma che riusciamo a ritrovare quando ci sediamo sull’orlo di quella vasca e per un attimo ci concediamo una pausa, un respiro, prima di riaprire la porta.