CASA DI BAMBOLA
di Henrik Ibsen
adattamento Raffaele La Capria
regia Claudio Di Palma
con Gaia Aprea, Alessandra Borgia, Claudio Di Palma, Giacinto Palmarini, Autilia Ranieri, Paolo Serra
e con Alessandro Cepollaro, Maria Chiara Cossia, Manfredi Lorenzo Di Palma, Riccardo Iaccarino
scene Luigi Ferrigno
costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Paolo Vivaldi
assistente alla regia Paolo Cresta
assistente scenografo Francesca Mercurio
direttore di scena Teresa Cibelli
assistente direttore di scena stagista Melissa De Vincenzo
capomacchinista Nunzio Opera
capoelettricista Cristiano Benitozzi
fonico Italo Buonsenso
caposarta Roberta Mattera
foto di scena Marco Ghidelli
produzione Teatro Stabile di Napoli
prima assoluta
Casa di bambola è un testo teatrale scritto da Henrik Ibsen nel 1879 durante un suo soggiorno ad Amalfi, rappresentato per la prima volta il 21 dicembre dello stesso anno a Copenaghen; una pungente critica sui tradizionali ruoli dell’uomo e della donna nell’ambito del matrimonio durante l’epoca vittoriana.
“Bisogna pur vivere, e così si diventa egoisti…”.
E’ applicabile ad ogni personaggio di Casa di bambola questo enunciato morale che Kristine Linde confessa nel corso del I atto? E’ valido per tutti loro il postulato per cui il perseguimento acritico dell’interesse personale consegue la necessità naturale della sopravvivenza? E ancora: la radicalità della scelta finale di Nora di abbandonare marito, casa e figli corrisponde alla rottura del succitato compromesso di coscienza o ne è soltanto una naturale derivazione? L’emancipazione rivendicata da Nora con gesto “scandaloso” e sorprendente, insomma, riguarda la libertà dell’individuo, come con diversa misura segnalano ad esempio Gramsci e Santa Teresa della Croce, oppure è registrabile come strumentale opportunismo di comodo? Ad oggi è possibile per me, nello studio per una messa in scena di Casa di bambola, da un lato elencare interrogativi e dall’altro cercare ragioni, risposte e sintonie nella riscrittura di Raffaele La Capria il cui felicissimo intuito ha già optato per una sintesi linguistica che esalti la controversa morale e la corrispondente modernità dell’opera di Ibsen”.
Claudio Di Palma