RITTER DENE VOSS
di Thomas Bernhard traduzione Eugenio Bernardi regia Piero Maccarinelli con Massimo Popolizio, Maria Paiato, Manuela Mandracchia scene Carmelo Giammello costumi Gianluca Sbicca musiche Paolo Terni una produzione Teatro di Roma
Il protagonista di quest’opera, ambientata in un ambiguo interno familiare, è uno sravagante filosofo tornato a casa dal manicomio, dove periodicamente si fa rinchiudere volontariamente per non essere costretto a subire l’opprimente convivenza con le due sorelle.
Un interessante esempio della poetica di Bernhard, che nelle sue pièce, rappresenta il vuoto dell’esistenza quotidiana, il venir meno della speranza in un qualunque cambiamento, persino la sfiducia nel potere lenitivo della parola, ridotta a una ripetitività ossessiva, circolare.
Un Bernhard per la sua generazione, lo definisce il regista. “Il grande austriaco finora l’ho sempre affrontato con gli attori più prestigiosi della generazione dei mostri sacri: da Gianrico Tedeschi a Valeria Moriconi, da Umberto Orsini a Milena Vukotic …Tutti grandi attori che, per usare un termine caro a Bernhard, sanno di sangue sudore e stallatico, perché questo credo sia il segreto del genio austriaco: scrivere testi apparentemente solo alti o gelidi che riescono ad innervarsi e a diventare capolavori anche grazie al sangue al sudore degli attori che gli danno vita passando dai vertici Wittgenstaniani e filosofici alle contaminazioni più basse e sordide proprio come nella vita… l’alta marea segue la bassa marea nel ciclo della vita e delle stagioni, alla depressione segue l’euforia alla lucidità lo sconquasso… Ecco perché ritengo per me doveroso affrontare questo Bernhard generazionale dove Ritter, Dene e Voss, i tre fratelli-attori, in un gioco al massacro dissacrante e lucido, prenderanno vita grazie alle voci e ai corpi di tre fra i migliori attori della mia generazione: Maria Paiato, Manuela Mandracchia e Massimo Popolizio”.