FIORI GIAPPONESI

musica e regia Paolo Coletta
con Mario Autore, Daniela Fiorentino, Massimiliano Foà, Mercedes Martini
scene Luigi Ferrigno
costumi Zaira de Vincentiis
disegno luci Gigi Saccomandi
assistente alla regia Maria Rosaria Postiglione
assistente scenografo Armando Alovisi
assistente ai costumi Elena Soria
direttore di scena Domenico Pepe, datore luci Ciro Petrillo, fonico Alessandro Innaro,
macchinista Alessio Cusitore, materiale fonico elettrico Emmedue
produzione Teatro Stabile di Napoli

Note di Regia

Il centro dell’esplorazione è la famiglia. Dai cinquantacinque racconti dei Fiori giapponesi di Raffaele La Capria ne sono stati estratti dodici, che formano, intersecati tra loro, un’ulteriore drammaturgia. La storia è concentrica come i tre cubi della scena, fatti di confini di tende. Dietro si nascondono i pensieri, i ricordi rielaborati, gli incubi di un uomo. Egli scrive un diario, perché il tempo non cancelli con la propria corsa la sua vita. Vuole scrivere, deve scrivere. O, se non può, assoldare un Garante a spiarlo, che riporti ogni più piccolo particolare della sua esistenza: riflessioni sociali e politiche, pezzi di letteratura, avvenimenti del mondo. Tutto questo e le figure della propria famiglia sono dentro il suo diario; gente che passa, sempre trasfigurata da uno sguardo che oggi definiremmo inconscio. Uno specchio che assume le sembianze della moglie, della figlia, e di un ragazzo, che altro non è che il suo alter ego. Un flusso di coscienza in uno spazio mentale dove la successione del tempo non esiste più, si confonde e si accavalla. Dialogando con gli spettri dei propri incubi, per quest’uomo la più grande preoccupazione è passare attraverso la vita senza riuscire a fermarne i particolari, senza provare nessun sentimento.
Note sul progetto
Per continuare a valorizzare la funzione “sperimentale” di spazio riservato alla varietà delle proposte e alla ricerca “in vitro” di nuove forme sceniche del Ridotto, lo Stabile propone un secondo progetto in continuità con quello dedicato alla Ortese, imperniandolo sulle opere di un altro scrittore che tanta parte della sua produzione ha dedicato a Napoli, Raffaele La Capria.

A partire da L’armonia perduta – in cui l’autore descrive la rivoluzione napoletana del 1799, la guerra mortale tra plebe cittadina e borghesia colta – i cinque registi coinvolti nel progetto allargheranno la loro indagine teatrale sui temi affrontati da La Capria in altre sue opere sulla città, quali la nostalgia, la ferita infertale dalla storia e quella covata in fondo al cuore, la luce e il buio della ragione, la perdita straziante di qualcosa che forse non c’è mai stato, ma di cui si continuano a cercare le tracce per tutta la vita.