Fabbrica – Teatro Stabile dell’Umbria – Fandango – Associazione Centenario CGIL
Appunti per un film sulla lotta di classe
di e con
Ascanio Celestini
violoncello Roberto Boarini
fisarmonica Gianluca Casadei
chitarra Matteo D’Agostino
musiche Matteo D’Agostino
suono e luci Andrea Pesce

Appunti per un film sulla lotta di classe non è uno spettacolo, ma è proprio quello che dice il titolo.
È un insieme di appunti che ho incominciato a prendere per una storia della lotta di classe oggi. Una volta le persone che appartenevano alle diverse classi sociali avevano anche culture diverse. Il ricco suonava Mozart, il povero ballava il saltarello. Oggi è possibile che sentano entrambi De André o D’Alessio, oggi la differenza è solo nei soldi.
Così ho incominciato a raccogliere storie per capire cosa è rimasto della coscienza e dell’identità nell’appartenenza a una classe e mi è sembrato che in particolare nel lavoro precario si aprisse una vera voragine. Ci sono certi operatori del call center che stanno al telefono con la stessa crisi della presenza che attraversa uno che se ne va al funerale di suo fratello. Vanno a lavoro come si va a visitare una città bombardata. Rispondono al telefono, ma sono anestetizzati, colpiti dall’azzeramento che l’istituzione opera su di loro come una divinità antica e feroce che li rende ombre. Eppure ci vanno con leggerezza perché spesso manco lo considerano un lavoro, ma solo una maniera per racimolare qualche soldo. Denaro che non è mai abbastanza per uscire dalla povertà, così i più anziani si devono arrangiare a fare altri lavori e lavoretti. Invece i più giovani restano inchiodati alla casa di mamma e papà in un limbo che non li fa stare più nella tarda adolescenza liceale, ma non ancora nella maturità dell’adulto che si fa una vita autonoma. In un giornale che producono i precari del call center Atesia dietro casa mia un anonimo scrive “mi ricorda un po’ la vendemmia, quando i grappoli d’uva sono maturi e bisogna raccoglierli. A vederla in questa prospettiva non siamo molto diversi dai lavoratori stagionali che si occupano di pomodori o altri ortaggi”.
Ma per uscire dal mondo delle ombre bisogna imparare a attraversarle. E uno che si impara a oltrepassare le ombre può attraversare anche i muri di cemento armato. Può attraversare le porte anti-panico senza spingere sui maniglioni rossi. Scendere per strada attraverso i muri delle villette controllate dall’allarmi, attraverso le banche videosorvegliate. Attraversare i muri delle zecche, che fanno bene a chiamarle zecche perché servono a succhiare il sangue alla gente. Può attraversare i parlamenti dove tutti smetteranno di parlare. E le guardie giurate giureranno che non è colpa loro. Diranno che “i servizi di sicurezza non servono più. Come un macellaio in un mondo di vegetariani, come un assassino nel camposanto”. Una guardia cercherà di fermarlo, ma lui attraverserà pure quella guardia con tutta la sua divisa. La guardia che dirà che “non vale! Questa è un mago”.
E lui gli risponderà che “non è magia, è lotta di classe”.

Ascanio Celestini