27 aprile | 8 maggio 2005

prima

Mercadante Teatro Stabile di Napoli

La tabernaria
di Giambattista Della Porta

regia Renato Carpentieri

costumi Annamaria Morelli
scene Bruno Garofalo
musiche Rosario Del Duca

con
Lucio Allocca (Giacoco), Antonio Franco (Giacomino, suo figlio), Francesco Procopio (Cappio, servo), Michele Danubio (Lardone, parassito), Paolo Cresta (Antifilo, innamorato), Lello Serao (Limoforo, padre di Antifilo; Tedesco, oste), Enzo Salomone (Pedante), Patrizia Di Martino (Altilia, giovane), Antonella Morea (Lima, balia), Massimo De Matteo (Spagnuolo, Capitano), Marco Di Palo (Musicista)

Il fascino e l’interesse de La tabernaria, sicuramente l’ultima commedia di Giambattista Della Porta, è nell’uso delle lingue e dei dialetti. Se ne possono contare otto: il toscano che serve di base, il napoletano di Giacoco, lo spagnolo del capitano, il napoletano-tedesco del padrone del Cerriglio, il latinorum del Pedante e, infine, l’abilità mimetica del servo Cappio che parla, all’occasione, il veneziano, il siciliano, il lombardo. Napoli crocevia di lingue e di popoli. La trama delle commedie portiane è quasi costantemente la stessa: il giovane che ama una giovane, avversato dal padre o dal rivale o da altri, finché l’impedimento è rimosso per opera del servo o del parassita, e un riconoscimento finale lascia tutti contenti. Anche ne La tabernaria ci sono i due giovani che si amano, Giacomino e Altila; Giacoco, il padre che si oppone alle nozze; il servo Cappio; il rivale Antifilo, che parla come i poemi tragici; lo spagnolo capitan Cardone, lacero e morto di fame; il tedesco Lardone, parassita e retore della gola; e infine il Pedante. Il luogo dell’azione è l’Osteria del Cerriglio, famosa a Napoli per oltre due secoli. Della Porta scriveva commedie per dilettanti nobili, le cosiddette commedie erudite, cioè commedie d’imitazione latina, contrapposte spesso alle commedie di zanni, degli istrioni, cioè le commedie dei comici di professione, dell’Arte. Nello stesso tempo, da esperto nella pratica del teatro, prova a percorrere, come per esempio ne La tabernaria, una strada che comprenda il teatro degli attori e quello dei letterati, mediante interventi irregolari rispetto al canone della compostezza e della disciplina formale e mediante una sorta di “proliferazione linguistica, apparentemente immediata ma in realtà controllatissima”.
Renato Carpentieri