IL SORRISO DI SAN GIOVANNI
di Ruggero Cappuccio
regia Ruggero Cappuccio, Nadia Baldi
con Claudio Di Palma, Giovanni Esposito, Alfonso Postiglione, Marina Sorrenti
e con Franca Abategiovanni, Simona Fredella, Enzo Mirone, Francesca Morgante, Rossella Pugliese, Piera Russo
progetto scenografico Ruggero Cappuccio
progetto luci Nadia Baldi
costumi Carlo Poggioli
realizzazione scene Paolo Iammarone, Vincenzo Fiorillo
realizzatore video Ciro Pellegrino
musiche Ivo Parlati
datore luci Raffaele Figliolia
assistente costumi Gina Ferri
attrezzista Aldo Verde
trucco Ciro Esposito
foto di scena Ivan Nocera
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
in collaborazione con Teatro Segreto
The last Rose of Summer, Maria Sofia, ultimo fiore selvatico dei Valguarnera, misteriosamente intatto e appassito, la pelle ibernata nel tepore di una vecchia cipria, posa per Marino di Pietratagliata. Sarà l’ultima tela in cui i resti umani di una vecchia famiglia feudale appariranno completi del loro nulla. Gli amori, la giovinezza, i sogni e le follie delle cinque donne inamidate nel capriccio e nel rancore, sono stati schiacciati dalle possessive prepotenze di Giacinto e distillati nell’ossessivo cerimoniale di endecasillabi e sonetti che potessero colmare la distanza tra la memoria e il possesso di un paese, un palazzo e una vita che non ci sono più. Le sorelle inquiete, la casa avita quasi diruta nell’immaginaria Vallemarosa, una vecchia terrazza, un antenato santo e verseggiatore che potrebbe sorridere nel mezzo di una notte di giugno, giocano l’ultima mano tra il desiderio di una rimozione definitiva e la nevrosi del ricordo. Tra queste fibrillazioni si leva il contrappunto di due stranieri, viaggiatori da Grand Tour che approdano a Vallemarosa provenienti dai nodi culturali della vecchia Europa. Portano nelle voci e nei gesti la malta scrostata di antiche letterature, sciocchi pamphlet, sghignazzi d’appendice, e svelano a Giacinto i segreti di una lingua purissima che suona come i versi degli antichi lirici greci. La lingua impossibile è servita: l’ultimo Valguarnera fonde i suoi pensieri nei sensi e nei suoni di una grammatica innocente e solitaria che si disegna sulle labbra con la feroce dolcezza di un’amante imprendibile venuta per confessargli il bacio della fine con il veleno di una memoria senza corpo, una memoria che non si può possedere.