TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO…
tratto da appunti, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo
di e con Lino Musella
musiche dal vivo Marco Vidino
scene Paola Castrignanò
disegno luci Pietro Sperduti
ricerca storica Maria Procino
collaborazione alla drammaturgia Antonio Piccolo
assistente alla regia Melissa Di Genova
foto di scena Mario Spada
produzione Elledieffe, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Durata: 1 ora e 40 minuti (atto unico)
Durante la pandemia, molte sono le riflessioni emerse sul mondo dello spettacolo e sulle sue sorti.
“In questo tempo mi è capitato – scrive Musella – di rifugiarmi nelle parole dei grandi: poeti, scrittori, drammaturghi, filosofi per cercare conforto, ispirazione o addirittura per trovare, in quelle parole stesse scritte in passato, risposte a un presente che oggi possiamo definire senza dubbio più presente che mai; è nato così in me il desiderio di riscoprire l’Eduardo capocomico e mano mano ne è venuto fuori un ritratto d’artista non solo legato al talento e alla bellezza delle sue opere, ma piuttosto alle sue battaglie donchisciottesche condotte instancabilmente tra poche vittorie e molti fallimenti”.
Tommaso De Filippo – impegnato nella cura dell’eredità culturale della famiglia – ha appoggiato Lino Musella nella sua ricerca nelle memorie di Eduardo volendo incoraggiare fortemente il dialogo tra generazioni in scena. L’attore darà così voce e corpo alle parole delle lettere indirizzate alle Istituzioni, ai discorsi al Senato, agli appunti, ai carteggi relativi all’impresa estenuante del Teatro San Ferdinando.
“Faccio parte di una generazione nata tra le macerie del grande Teatro e che può forse solo scegliere se soccombere tra le difficoltà o tentare di mettere in piedi, pezzo dopo pezzo, una possibilità per il futuro, come ermeticamente indicano quelle parole – incise su una lapide nel Teatro di Eduardo – che in realtà suggeriscono un’azione energica e continua. Questo grande artista – continua Musella –è costantemente impegnato a smuovere la politica e le Istituzioni e ne esce spesso perdente, in parte proprio come noi oggi, ma anche da lontano non smette mai di alzare, la sua flebile roboante voce”.