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LA VITA DAVANTI A SÉ
tratto dal romanzo La Vie Devant soi di Romain Gary/Emile Ajar*
riduzione e regia Silvio Orlando
con Silvio Orlando
e con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
direzione musicale Simone Campa
chitarra battente, percussioni Simone Campa
clarinetto, sax Gianni Denitto
fisarmonica Maurizio Pala
kora, Djambe Kaw Sissoko 
scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
foto di scena Gianni Biccari
organizzazione Maria Laura Rondanini
direttore di scena Luigi Flammia
fonico Gianrocco Bruno
amministrazione Teresa Rizzo
produzione Cardellino srl

* © Mercure de France, diritti teatrali gestiti dalle edizioni Gallimard
con il nome di “Roman Gary” come autore dell’opera originale

Durata: 1 ora e 20 minuti (atto unico)

Pubblicato nel 1975 e adattato per il cinema nel 1977, al centro di un discusso Premio Goncourt, La vita davanti a sé di Romain Gary è la storia di Momò, bimbo arabo di dieci anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani.

Un romanzo commovente e ancora attualissimo, che racconta di vite sgangherate che vanno alla rovescia, ma anche di un’improbabile storia d’amore toccata dalla grazia. Silvio Orlando ci conduce dentro le pagine del libro con la leggerezza e l’ironia di Momò diventando, con naturalezza, quel bambino nel suo dramma. Un autentico capolavoro “per tutti” dove la commozione e il divertimento si inseguono senza respiro. Inutile dire che il genio di Gary ha anticipato senza facili ideologie e sbrigative soluzioni il tema dei temi contemporaneo, la convivenza tra culture, religioni e stili di vita diversi. Il mondo ci appare improvvisamente piccolo claustrofobico in deficit di ossigeno I flussi migratori si innestano su una crisi economica che soprattutto in Europa sembra diventata strutturale creando nuove e antiche paure soprattutto nei ceti popolari, i meno garantiti. Se questo è il quadro quale funzione può e deve avere il teatro. Non certo indicare vie e soluzioni che ad oggi nessuno è in grado di fornire, ma una volta di più raccontare storie emozionanti, commoventi, divertenti, chiamare per nome individui che ci appaiono massa indistinta e angosciante. Raccontare la storia di Momò e Madame Rosa nel loro disperato abbraccio contro tutto e tutti è necessario e utile. Le ultime parole del romanzo di Garay dovrebbero essere uno slogan e una bussola in questi anni dove la compassione rischia di diventare un lusso per pochi: bisogna voler bene.