Le memorie di Ivan Karamazov
drammaturgia Umberto Orsini e Luca Micheletti
dal romanzo di Fëdor Dostoevskij
regia Luca Micheletti
con Umberto Orsini
scene Giacomo Andrico
costumi Daniele Gelsi
suono Alessandro Saviozzi
luci Carlo Pediani
produzione Compagnia Umberto Orsini
Durata: 1 ora e 10 minuti (atto unico)
Sembra incredibile ma è quasi mezzo secolo che conosco il signor Ivan Karamazov. L’ho incontrato in uno studio televisivo di Via Teulada, a Roma, e da allora ci siamo guardati nello specchio e ci siamo confusi uno nell’altro al punto di identificarci o de-identificarci. L’ho costruito giorno dopo giorno quell’Ivan, gli ho dato un aspetto severo, l’ho fatto diventare biondissimo, quasi albino, gli ho messo un paio di occhialini tondi e dei colletti inamidati di fresco. L’ho difeso da una sceneggiatura che lo penalizzava, battendomi per dare lo spazio adeguato all’importanza del suo “Grande Inquisitore”, inizialmente dato per troppo cerebrale e dunque probabilmente indigesto al grande pubblico. Con lui, specchiandomi in lui, ho trascinato il pubblico ad un ascolto record in una puntata dei “I Fratelli Karamazov” che lo vedeva impegnato in una discussione sull’esistenza di Dio. È li che ci siamo incontrati, negli anni settanta, e da allora è stato difficile, per chi in quegli anni ha seguito quella trasmissione, separare la sua immagine dalla mia. E, a poco a poco, anch’io mi sono illuso di essere il depositario di quell’immagine, di essere diventato il suo doppio, il suo SOSIA, per dirla col suo autore, il signor Dostoevskij. E, negli anni successivi a quel primo incontro in cui gli avevo prestato le mie sembianze, ho sempre cercato di seguirlo anche fuori dal contesto del romanzo, immaginando per lui una longevità e un finale che il suo autore gli aveva negato. Mi sono dunque preso la libertà di rappresentarlo come un personaggio che resiste nel tempo, e mi sono chiesto, e gli ho fatto chiedere, perché mai l’autore, il suo creatore, lo abbia abbandonato non-finito. E questo ‘non-finito’ me lo sono trovato tra le mani oggi, come ‘infinito’ e dunque meravigliosamente rappresentabile perché immortale e dunque classico. La vera vita degli uomini e delle cose comincia soltanto dopo la loro scomparsa…. è una frase di Nathalie Sarraute che ho inserito in questo spettacolo e che, in qualche modo, ne riassume il senso. Sono grato a Luca Micheletti di aver condiviso la mia passione per i temi che lo spettacolo sollecita accarezzando la mia persona con grande cura e protezione. Come si conviene a due vecchi signori: il signor Ivan Karamazov e il sottoscritto.
Umberto Orsini