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12/04/2025
ore 19:00
13/04/2025
ore 18:00

LE ANIME MORTE
ovvero
LE (DIS)AVVENTURE DI UN ONESTO TRUFFATORE
testo e regia Peppino Mazzotta
collaborazione alla drammaturgia Igor Esposito
libero adattamento da Anime morte di Nikolaj Vasil’evič Gogol’
con Federico Vanni, Milvia Marigliano, Raffaele Ausiello, Gennaro Di Biase, Salvatore D’Onofrio, Antonio Marfella, Alfonso Postiglione, Francesco Procopio
scene Fabrizio Comparone
disegno luci Cesare Accetta
musiche Massimo Cordovani

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale

Il regista Peppino Mazzotta racconta che la prima edizione di Anime morte di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ è datata 1842, ma l’opera sembra adattarsi perfettamente al nostro presente. Trattasi di classico della letteratura e perciò non ci dobbiamo stupire se, come diceva Calvino, non finisce mai di dire quello che ha da dire. L’eroe del romanzo Gogoliano è un certo Pavel Ivànovic Cicikov, funzionario pubblico. Gogol ci tiene a farci sapere che non è un uomo virtuoso. Perché è giunta l’ora di lasciar finalmente riposare il povero uomo virtuoso. Pavel Ivànovic Cicikov è quindi un mascalzone. Un prototipo umano che si rigenera continuamente, in ogni tempo e modello sociale. Un burocrate truffaldino, il cui stato di servizio sembra tratto dalla peggiore cronaca politica e giudiziaria della nostra attualità. Ma, attenzione, dovesse capitarvi di incontrarlo, ne ricavereste una buonissima impressione, potreste solo dire che è un brav’uomo, una persona perbene, gentile, affabile e piena di decoro.  Questa simpatica canaglia è il bisturi con cui Gogol’ fa l’autopsia all’umanità, in una prospettiva di redenzione progressiva che resterà, purtroppo, solo nelle intenzioni dell’autore. Delle tre parti di cui doveva comporsi il suo poema, secondo il modello della Divina Commedia, l’unica integra è la prima, di cui si occupa questo allestimento, nella quale viene descritta la dimensione morale più bassa. Le anime morte del capolavoro gogoliano, erano in realtà i servi della gleba deceduti tra un censimento e l’altro, per i quali i proprietari continuavano a pagare la tassa governativa, nell’attesa del conteggio successivo che ne avrebbe ratificato l’effettiva dipartita. Il furbo Cicikov escogita un piano per ricavare un suo personale profitto da questa faglia nel sistema. Alleggerendo magnanimamente dell’inutile e gravosa tassa alcuni stolidi e avidi proprietari, entra in possesso di un cospicuo numero di morti, censiti come vivi, con l’intento di ipotecarli presso l’Ufficio di Tutela ed estorcere, in cambio, una grossa somma di denaro. Tutto nei limiti imposti dalla legge, con tanto di contratti di cessione, di vendita e di trasferimento regolarmente registrati.
Nel mettere in atto questo suo proposito, l’eroe gogoliano compie un viaggio picaresco nei gironi di un inferno fatto di debilitante quotidianità, popolata da morti-viventi attaccati alla roba più che alla vita, senza alcuna prospettiva universale. Gogol’ ci offre, così, una tragicomica e grottesca galleria di personaggi straordinari con un’intera tavolozza di vizi e meschinità che sono manna per la scena.