CONTROIMMAGINI
Omaggio a Joseph Beuys, l’artista sciamano
drammaturgia e regia Michelangelo Dalisi
con Marco Cacciola e Michelangelo Dalisi
musica Franco Visioli
disegno luci Desideria Angeloni
elementi di scena Mauro Rea
assistente alla regia Sharon Amato
direttore di scena Domenico Riso
fonico Guido Marziale
sarta Annalisa Riviercio
foto di scena Ivan Nocera
la canzone Sonne statt Reagan è di Alain Thoné, Manfred Boeker, Klaus Heuser (BAP)
la canzone Gibbon in Glass – Sound è di Henning Christiansen
si ringraziano Michele Bonuomo, Tomas Arana, Petra Richter, Linda Dalisi, Francesco Villano, Armando Pirozzi, Ira LVT, Russell, Luna Cenere, Rosita Vallefuoco, Luca Massimo Barbero, Thaddaeus Ropac
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con TeatroLaCucina/Olinda
In un museo abbandonato un cronista è alla ricerca dell’artista perduto: un’evocazione farà apparire Joseph Beuys, artista sciamano per eccellenza, impegnato a ripercorrere una serie di sue azioni memorabili e a raccontarci il suo mondo di “controimmagini”. Durante questi dialoghi prenderanno vita il suo pensiero, la sua opera, l’impegno ecologico, la scultura sociale e l’attività politica (il Partito dei Verdi, la Libera Università Internazionale), i simboli archetipici nascosti nelle sue azioni. Le sue frasi, i suoi titoli emblematici traducono in parole il centro del suo gesto artistico e politico: “Ognuno di noi è un artista”, “Mostra la tua ferita”, “La rivoluzione siamo noi”.
Attraverseremo il suo immaginario, rievocando “7000 Querce a Kassel”, azione collettiva che diede vita alla nascita di un vero e proprio bosco di poco fuori città, gli oggetti rivestiti di feltro, il grasso, “Terremoto in Palazzo”, la sua dedica alle vittime del terremoto in Campania. Ed è a Napoli, città a cui è stato molto legato, che Beuys installa la sua ultima mostra, “Palazzo Regale”. “È la nostra testa”, disse nell’ultima intervista, “Ogni essere umano è un Re Sole”.
Joseph Beuys, con la sua ironia e il suo sguardo rivolto soprattutto al cuore e alla coscienza dell’essere umano, superando il tempo, getta una luce sulla contemporaneità che oggi si sta aprendo a una visione olistica della realtà in cui nulla è più separato: società, natura, politica, economia, vita, tutto diventa opera d’arte.
Chi è JOSEPH BEYUS – L’ARTISTA SCIAMANO
Nato in Germania nel 1921, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale rimane ferito gravemente in un incidente aereo in Crimea. Si racconta che viene soccorso da alcuni nomadi tartari che riescono a salvargli la vita grazie a particolari cure, proprie della loro medicina: coprono le ferite con grasso animale e lo avvolgono nel feltro per tenerlo al caldo.
L’episodio è determinante per lo sviluppo della poetica di Beyus, che mira ad un’armonia superiore tra uomo e natura. Questa ricerca di armonia gli vale l’appellativo di “sciamano dell’arte”.
L’Italia, e soprattutto Foggia, che frequenta durante la guerra, diventa un luogo molto caro all’artista. Egli ritiene infatti che proprio nella città pugliese, nella semplicità degli abitanti, nelle tradizioni rurali si possa rintracciare un esempio di armonia tra l’uomo e la natura.
A causa degli avvenimenti bellici, nella seconda metà degli anni Cinquanta, cade in una profonda crisi interiore e l’arte, in particolare il monumento commemorativo dei caduti a Büderich, assume una funzione quasi catartica.
Nel 1961 ottiene la cattedra di scultura monumentale alla Kunstakademie di Düsseldorf, dove aveva studiato e partecipa agli eventi di Fluxus, un gruppo di artisti europei e americani interessati al senso dell’arte e alla sua fruizione sociale.
A Bolognano, in provincia di Pescara, fonda l’Istituto per la Rinascita dell’Agricoltura e si dedica alla Piantagione Paradise, un’opera vivente composta da oltre 7500 esemplari di specie di alberi diverse e rare e nella cui area, nel 2030, sarà dedicato un museo all’autore.
Presso la Sala Cannoniera della Rocca Paolina di Perugia allestisce e illustra per una performance sei lavagne, oggi esposte al Museo civico di Palazzo della Penna.
Beyus è amico ed estimatore di Andy Warhol, rispetto al quale è, artisticamente, agli antipodi: tuttavia, si pensa che insieme a lui compendi le linee fondamentali dell’arte visiva del secondo dopoguerra.
Dopo il terremoto campano del 1980, su invito del gallerista Lucio Amelio, l’artista realizza Terremoto in Palazzo, un’installazione di tavoli da lavoro provenienti dalle zone terremotate, che comunica fragilità e equilibrio precario.
Grazie all’attenzione per le tematiche ambientali, contribuisce alla fondazione de I Verdi in Germania e partecipa alla settima edizione della grande esposizione “documenta”, dove ha creato una delle sue opere più suggestive: 7000 querce, un grande triangolo davanti al Museo Federiciano e composto da 7000 pietre, “adottabili” da chi avesse voluto acquistarle. Il ricavato viene utilizzato nel corso degli anni per piantare una quercia. L’operazione, terminata ufficialmente nel 1987, un anno dopo la scomparsa di Beyus, deve in realtà essere ancora ultimata, poiché occorreranno circa trecento anni prima che le 7000 querce diventino il grande bosco immaginato dall’artista che, oltrepassando i confini della sua stessa esistenza, è riuscito, pur partendo dal gesto quotidiano di piantare alberi, a celebrare la recondita relazione fra l’uomo e la natura.