13 Ottobre 2015
Caffè Némirowsky
dalle opere di Irène Némirovsky
un progetto a cura di Patrizia Bologna e Stefania Maraucci
musiche dal vivo Paolo Coletta
produzione Teatro Stabile di Napoli
14 appuntamenti per nutrire il corpo e la mente: spettacolo + brunch a soli 15 euro!
Dopo una appassionante storia d’amore sfociata in un matrimonio di sette anni ormai finito, Camille ritorna nel paese natale con la figlia per cercare conforto dalla sorella e ricominciare una nuova vita. Attorno al fuoco, Camille, la sorella e due amiche (tutte nubili) si perdono in una nottata di ricordi scardinando le certezze che ognuna possedeva. Meglio una vita tranquilla senza grandi passioni oppure un amore che brucia e che provoca sofferenza? Qualsiasi sia la scelta di vita di ognuna delle donne, la loro esistenza non potrà che proseguire nel rimpianto.
Scritto nel 1928, Il ballo è forse il più celebre dei romanzi brevi di Irène Némirovsky: oltre a possedere una struttura narrativa perfetta, contiene molti dei temi cari alla scrittrice tra cui la rivalità madre-figlia, l’ipocrisia sociale, la goffaggine dei parvenus, le crudeli vendette dell’adolescenza. Il signore e la signora Kampf decidono di organizzare un ballo per festeggiare la raggiunta affermazione sociale invitando duecento persone scelte tra “coloro che contano”, ma la piccola Antoinette troverà un modo per vendicarsi dei genitori…
Il racconto si svolge tra la Russia e Parigi, tra la ricchezza e la povertà, tra la speranza e il ricordo. Allo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre, la famiglia Karin è costretta a fuggire dalla Russia, mentre Tat’jana Ivanovna, la vecchia nutrice, rimane di guardia alla grande tenuta. Quando – dopo un viaggio di tre mesi – li raggiunge a Parigi, Tat’jana, che è stata testimone del loro splendore, non può far altro che guardare i Karin girare a vuoto, come fanno le mosche in autunno quando, finita la gran luce dell’estate, «svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita».
Può sembrare una storia come tante altre: di fronte a un destino di povertà, una donna abbandona la figlia e si dà alla prostituzione. Tuttavia, questa banale vicenda – che comunque non tralascia i colpi di scena – nelle mani di Irène Némirovsky diventa una sceneggiatura costruita con precisione chirurgica. Il suo sguardo guida il nostro, proprio come in un film: ed è così che si respira l’aria fresca della provincia, si scorge il torpore di un vecchio bordello, si assaporano i profumi delle strade di Parigi. Attraverso una cura maniacale per i dettagli visivi e sonori, la Némirovsky ci immerge in un mondo modernissimo fatto di dissolvenze incrociate, flash-back, campi e controcampi.
In questo racconto la Némirovsky non punta lo sguardo sulle strade pullulanti della Parigi degli anni ’20 né sui ghetti dell’Europa orientale. A essere protagonista è la provincia francese che, dietro ad una apparente calma e compostezza, rivela tutta la sua inquietudine. La vicenda è raccontata da Sylvestre, un uomo ormai anziano che, dopo una vita di passioni, si è ritirato nel paese natale in una solitudine cinica e disincantata. È lui che mostra al lettore la carrellata di personaggi che costruiscono gli intrecci del romanzo ed è la Némirovsky che è abilissima a disseminare il suo racconto di note stridenti a mostrare che dietro la superficie di perfetta felicità agreste, nessuno è al riparo dal “calore del sangue”.
La storia, ambientata negli anni ’20 tra Parigi, Biarritz e l’Ucraina, vede come protagonista David Golder, un ricco uomo d’affari senza scrupoli. Attraverso i suoi pensieri e le sue relazioni emerge il ritratto di una società unicamente dedita al denaro, all’ascesa sociale e al cinismo. Scrive Pietro Citati a proposito del romanzo: «Oggi, non ci rendiamo conto di cosa sia stato il denaro nel diciannovesimo secolo, o nella prima parte del ventesimo: una fiamma ardentissima, una colata di sangue disseccata, sbarre d’oro sciolte e di nuovo pietrificate. Diventava eros, pensiero, sensazioni, sentimenti, fango, abisso, potere, violenza, furore, come nella Comédie humaine».
Riscoperta grazie al romanzo inedito Suite francese, pubblicato nel 2004, Irène Némirovsky è oggi considerata una delle grandi interpreti della letteratura del Novecento. La sua stessa vita sembra un romanzo: nata a Kiev nel 1903, si rifugiò in Francia dopo la Rivoluzione d’ottobre, abbandonò la religione ebraica per convertirsi al cattolicesimo, ma fu egualmente deportata ad Auschwitz dove morì nel 1942. La Némirovsky è autrice di numerosi racconti e romanzi brevi, piccoli gioielli che rivelano una scrittura particolarmente originale, capace di audaci contaminazioni tra il diario, il cinema, il teatro. Da qui l’idea di affidare alla voce di alcune carismatiche interpreti femminili la lettura di una parte di questi racconti: ne emerge una carrellata di uomini e donne dalle storie avvincenti e misteriose.
Notizia pubblicata il 13 Ottobre 2015