DOLORE SOTTO CHIAVE
due atti unici di Eduardo De Filippo
Dolore sotto chiave e Pericolosamente
con un prologo da I pensionati della memoria di Luigi Pirandello
con Tony Laudadio, Luciano Saltarelli, Giampiero Schiano
scene e costumi Lino Fiorito
luci Cesare Accetta
suono Daghi Rondanini
assistente alla regia Giovanni Merano
assistente ai costumi Francesca Apostolico
direzione tecnica Lello Becchimanzi
ufficio stampa Renato Rizzardi
produzione Teatri Uniti – Napoli Teatro Festival Italia
in collaborazione con Università della Calabria
ringraziamenti Raffaele Galiero per la versione in Napoletano de I pensionati della memoria, Rosalba Ruggeri
SPETTACOLO IN ABBONAMENTO A SCELTA
Dolore sotto chiave è un atto unico di Eduardo De Filippo inserito nella raccolta “Cantata dei giorni dispari”. Nato come radiodramma nel 1958, con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti – i fratelli Rocco e Lucia Capasso, viene portato in scena per la prima volta nel 1964 per la riapertura Teatro San Ferdinando di Napoli, con la regia di Eduardo che affida il ruolo dei protagonisti a Franco Parenti e Regina Bianchi (insieme a Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello). Nel 1980 verrà ripreso insieme ad altri due atti unici, Gennareniello e Sik-Sik, nel ruolo dei protagonisti Luca De Filippo e Angelica Ippolito.
“Dolore sotto chiave – scrive Francesco Saponaro – parte da un’intensa ispirazione pirandelliana che si concentra essenzialmente sulle profondità e i paradossi dell’animo umano, con uno stile sospeso tra farsa e dramma borghese. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e sottintesi, tipici dei contesti familiari”.
Note di regia
A trent’anni dalla sua scomparsa e dopo la felice esperienza dell’allestimento spagnolo di Yo, el heredero (Io, l’erede), torno a Eduardo De Filippo con i due atti unici Dolore sotto chiave e Pericolosamente arricchiti da una ouverture, adattamento in versi e in lingua napoletana della novella del 1914 di Luigi Pirandello I pensionati della memoria.
In Dolore sotto chiave i buoni sentimenti come la carità cristiana, la compassione o la mania borghese della beneficenza diventano armi improprie per dissimulare, negli affetti, quella segreta predisposizione dell’essere umano al controllo e al dominio sull’altro. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e malintesi, tipici dei contesti familiari.
In casa dei fratelli Capasso, un interno borghese dove una camera della morte ha custodito per undici mesi il simulacro del dolore, Dio e i morti sono presenti fino al punto da essere invocati come vere presenze, giudici supremi del bene e del male. Eduardo riesce a intrecciare diversi registri e generi che si inseguono sul filo del cinismo e dell’ironia. La vicenda si colora di risvolti comici, a tratti paradossali carichi di morbosa e grottesca esasperazione.
In Dolore sotto chiave viene evocato un oggetto-simbolo, usato come sottile minaccia di suicidio dal povero Rocco Capasso: la rivoltella, che in Pericolosamente (1938) si materializza e si trasforma in un vero e proprio strumento di tortura coniugale e rimedio alle bizarrie improvvise di una moglie bisbetica.
L’atto unico, dall’apparente fulmineità di uno sketch, grande successo del Teatro Umoristico dei De Filippo, gioca tutto sul classico litigio coniugale. Ogni volta che Dorotea dà sfogo alle sue intemperanze, Arturo, per ripristinare l’ordine familiare, impugna la rivoltella caricata a salve e le spara, scatenando la comica reazione di terrore da parte dell’ignaro amico Michele appena rientrato a Napoli da un lungo viaggio di lavoro.
Nonostante il testo nasca alla fine degli anni trenta, Eduardo ne potenzia la carica visionaria per sperimentare nuovi linguaggi anche nel cinema. Adatta Pericolosamente e dirige Marcello Mastroianni, Luciano Salce e Virna Lisi ne L’ora di punta, episodio del film Oggi, domani e dopodomani (1965), riuscendo a ottenere uno spiazzamento assolutamente contemporaneo. In pieno boom economico, la febbrile sete di emancipazione femminile può placarsi, ancora una volta, soltanto con uno sparo. Ma è un sparo che si moltiplica all’infinito. L’infallibile metodo di Arturo viene copiato da tutti i mariti: il colpo risuona nelle case dei vicini, nel quartiere, per le strade, tra grattacieli e clacson di una metropoli che deflagra di pistolettate.
Francesco Saponaro
*Un ringraziamento a Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
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