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Il mare non bagna Napoli
dal libro omonimo di Anna Maria Ortese
progetto a cura di Luca De Fusco
 

Il silenzio della ragione
drammaturgia e regia Linda Dalisi
con Michelangelo Dalisi,  Francesca De Nicolais, Lino Musella, Fabrizia Sacchi
costumi Zaira de Vincentii
disegno luci Gigi Saccomandi
musiche originali e sound design Marco Messina
registrazioni e editing Giuseppe Fontanella K-Lab e Giuseppe Stellato
aiuto regia Francesca Giolivo
collaborazione tecnica Marco Di Napoli, Marcella Spagnuolo
datore luci Carmine Pierri
fonico Alessandro Innaro
assistente ai costumi Elena Soria
sarta Patrizia Salvio
sartoria Zambrano
materiale fonico Emmedue
foto Marco Ghidelli
produzione Teatro Stabile di Napoli

“Io me ne vado per sempre da questa città ove il mare è scomparso” recita un verso di una poesia di Gianni Scognamiglio, uno degli intellettuali napoletani nominati da Anna Maria Ortese ne Il silenzio della ragione: sulla scia di questa scomparsa, la scrittrice muove i passi di un suo ritorno a Napoli, città che aveva visto, prima della guerra, la sua giovinezza, la sua formazione e lo sbocciare della sua vocazione di scrittrice. Quello che la Ortese fa attraverso la città, le persone, la memoria, la realtà, è un viaggio sognante in cui resta costantemente assorta e vigile. L’osservazione dei dettagli nelle persone, come negli angoli più reconditi del presente (o del passato), è sempre ossessivamente alla ricerca del doppio che c’è dietro ogni prima immediata, oggettiva, impressione. Così nell’intellettuale di prima della guerra, giovane romantico e animato dallo spirito rivoluzionario di chi sogna di cambiare il mondo, divenuto inquadrato nel sistema e ufficialmente riconosciuto, ella legge la morte stessa di quello spirito rivoluzionario. Così come nell’antichità legge, viva (e morta insieme), la giovinezza di un tempo. Questo viaggio attraverso le cose amate è doloroso e per questo lo sguardo della scrittrice è spietato. Come in un risveglio kafkiano, attraverso la metamorfosi immobile del passato e del relativo presente, l’insopportabilità del reale diventa contatto tangibile con la realtà. Sulla scena le parole della Ortese, come pronunciate da una “zingara assorta in un sogno” (come la definì Vittorini), si fanno corpo di viaggiatore che incontra gli spiriti incarnati di quella insopportabilità, affrontati sul terreno di un mondo sconosciuto, come attraverso un quadro di Goya, un libro di Verne, o un racconto di Kafka.
Linda Dalisi

 

Sempre più stiamo tentando di caratterizzare lo spazio del Ridotto come luogo di pertinenza quasi esclusiva delle nostre produzioni e come luogo di ricerca e studio più che come sede di confezione di veri e propri “prodotti teatrali”. In questo disegno si inserisce il progetto de Il mare non bagna Napoli. Non ho bisogno di presentare il volume di racconti della Ortese: una delle opere di bellezza più lancinante e poetica sulla Napoli del dopoguerra. Le pagine della Ortese non sono evidentemente scritte per il teatro ma hanno una risonanza che fa spesso pensare ad una naturale derivazione teatrale. I racconti sono molto diversi: alcuni intimi, altri di grande respiro corale, alcuni realistici, altri surreali fino all’espressionismo. Abbiamo allora pensato di affidare a cinque registi diversi la trasposizione dei cinque racconti. Ho tenuto per me, e per Gaia Aprea, il primo racconto, Un paio di occhiali, e affidato ad un gruppo, in cui prevale largamente il sesso femminile, la trasposizione degli altri racconti. Ci siamo dati delle regole: grande essenzialità per l’aspetto scenografico, unitarietà nella scelta dei collaboratori del regista: Zaira De Vincentiis come costumista e Gigi Saccomandi come light designer; fatte salve alcune premesse di continuità abbiamo lasciato che i cinque piccoli spettacoli trovassero ognuno la sua strada e si differenziassero in modo analogo a quanto sono diversi i racconti. Il risultato almeno un sicuro vantaggio lo avrà procurato: far avvicinare o riavvicinare i nostri spettatori ad un volume di grande bellezza. Se siamo bravi e fortunati potrà capitare anche che si stabilisca una interessante varietà nella continuità e che i diversi registi e le diverse “compagnie” possano rispecchiare la comune versione amara, pessimista, tenera e malinconica di tutti i racconti ma anche la dimensione elegiaca del primo, intimista e quasi umoristica del secondo e così via.

Luca De Fusco

 

una produzione Teatro Stabile di Napoli

 

15 – 20 gennaio 2013 Un paio di occhiali, regia Luca De Fusco
29 gennaio – 3 febbraio 2013 Interno familiare, regia Paolo Coletta
11 – 17 febbraio 2013 Oro a Forcella, regia Alessandra Cutolo
25 febbraio – 3 marzo 2013 La città involontaria, regia Antonella Monetti
11 – 17 marzo 2013 Il silenzio della ragione, regia Linda Dalisi

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