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IL RITO
di Ingmar Bergman
traduzione di Gianluca Iumiento
adattamento e regia Alfonso Postiglione
con Elia Schilton (Giudice Ernst Abrahmsson), Alice Arcuri (Thea Winkelmann), Giampiero Judica (Sebastian Fischer), Antonio Zavatteri (Hans Winkelmann)
scene Roberto Crea
costumi Giuseppe Avallone
musiche Paolo Coletta
disegno luci Luigi Della Monica
partitura fisica Sara Lupoli
aiuto regia Serena Marziale
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Ente Teatro Cronaca, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival
Durata 1 ora e 50 minuti
Il rito è un film scritto e diretto da Ingmar Bergman nel 1969, il primo direttamente realizzato per la televisione svedese. È una sorta di cinema da camera, girato tutto in interni con soli quattro personaggi in atto. Il film è incentrato sul rapporto, spesso conflittuale, tra autorità costituita e azione artistica. Tre attori di teatro, sorta di clowns contemporanei d’avanguardia sono stati denunciati per l’oscenità presunta di un numero del loro ultimo spettacolo. Il giudice censore Abrahamsson, a cui è affidato il caso, li interroga per decretarne l’eventuale condanna. Dai colloqui con gli artisti – in cui si scoprono soprattutto le ambigue articolazioni dei rapporti tra i tre attori, oltre che la discutibile natura dello stesso giudice – l’uomo non riesce però a farsene una idea chiara e chiede di assistere alla performance allestita nel suo stesso ufficio, alla fine della quale subirà conseguenze fatali. La performance dei tre clowns è una sorta di rito dionisiaco dalle chiare valenze simboliche, in cui la forza della creazione artistica vince sui tentativi di censura e normalizzazione di una qualsivoglia autorità, politica o sociale. Ma oltre la censura – subita spesso da Bergman ai suoi tempi, e che oggi striscia in maniera sempre meno latente tra le pieghe più varie del nostro vivere sociale – nel testo è forse ancora più centrale il tema della impossibilità di contenere la potenzialità destabilizzante dell’atto artistico, votato a stanare le verità dell’essere umano, a rischio anche della morte.
Il rito, oltre ad essere un tracciato umano raccontato dall’autore attraverso l’immagine filmica, è soprattutto una partitura di parole e rapporti fisici tra i personaggi, che ha la piena possibilità di essere ri-suonata e animata nella cornice di uno spazio scenico teatrale.