17/04/2023
ore 21:00

L’ARIA DELLA LIBERTÀ
L’Italia di Piero Calamandrei
di Nino Criscenti e Tomaso Montanari
con Tomaso Montanari
Luca Cipriano clarinetto
Francesco Peverini violino
Valeriano Taddeo violoncello
Marco Scolastra pianoforte
musiche di Alfredo Casella, Mario Castelnuovo-Tedesco, Paul Hindemith, Olivier Messiaen, Dmitrij Šostakovič, Igor Stravinskij

Dopo Roma, Firenze, Bologna, Bruxelles, Parigi, approda a Napoli, al Teatro Mercadante, L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei, lo spettacolo di musica e parole scritto da Nino Criscenti e Tomaso Montanari. Sulla scena, lo scrittore e storico dell’arte Tomaso Montanari, un quartetto di musicisti e, sullo schermo, le immagini dell’album fotografico di uno dei padri della nostra Costituzione, Piero Calamandrei. Nell’album, che si conserva nella biblioteca civica di Montepulciano, Calamandrei ha raccolto le foto delle gite che quasi ogni domenica, dal 1935 fino allo scoppio della guerra, ha fatto con un gruppo di amici in cui si trovano i nomi di alcuni dei maggiori esponenti dell’antifascismo e  della cultura italiana del Novecento: Luigi Russo, Pietro Pancrazi, Nello Rosselli, Alessandro Levi, Guido Calogero, Attilio Momigliano, Ugo Enrico Paoli, talvolta Benedetto Croce, Adolfo Omodeo e in qualche occasione Franco Antonicelli e Leone Ginzburg. Non erano gite qualsiasi, e Calamandrei lo ricorderà dopo la guerra: «Negli anni pesanti e grigi nei quali si sentiva avvicinarsi la catastrofe, facevo parte di un gruppo di amici che, non potendo sopportare l’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate coatte, fuggivano ogni domenica a respirare su per i monti l’aria della libertà, e consolarsi coll’amicizia, a ricercare in questi profili di orizzonti familiari il vero volto della patria». Tomaso Montanari sfoglia l’album di quelle fughe domenicali in piccoli centri e paesi fuori di mano, pievi, abbazie, resti archeologici, ville monumentali, luoghi scelti «non per estetismi turistici ma col desiderio di ritrovare, in quelle testimonianze, una tradizione di civiltà, della quale ciascuno di noi, durante la settimana, aveva creduto, nei momenti di maggior scoramento, di avere smarrito il senso». Sono immagini “sparite” di Tuscania, Camaldoli, Cosa, Certaldo, Stia, Pomarance, Montegufoni, il castello di Romena dove passò Dante, e tanti altri luoghi e paesaggi. Leggiamo quelle foto con le parole stesse di Calamandrei, estratte da lettere, scritti vari e soprattutto dal suo diario: «Io penso che qualcosa di eterno ci deve essere se noi prendiamo tanto gusto ed affezione a queste nostre gite: nelle quali circola nel nostro pensiero una parola che non diciamo per pudore, ma che pure, a ripensarla così di paese in paese, torna nuova e pura: patria». Ogni tanto la sequenza fotografica viene interrotta dall’irruzione sullo schermo di un cinegiornale che ci riporta nelle “città del falso tripudio”. È il contrappunto all’illusorio fuoriuscitismo domenicale: «Nella gita si è riso e siamo stati allegri. Ma sotto l’allegria, malinconia, più pungente in primavera, in queste bellissime campagne toscane. L’assillo che rode dentro è mordente e affannoso fino alle lacrime. Chi riuscirà ad esprimere la tragedia della nostra generazione?». Una tragedia segnerà quelle gite: l’assassinio di uno dei compagni più assidui, Nello Rosselli, appena qualche settimana dopo la sua ultima passeggiata domenicale. E le segnerà l’angoscia del conflitto incombente: «Tutti, senza dircelo, portavamo con noi in quelle gite la segreta malinconia di chi, andando a far visita ad una persona cara, pensa che forse è quella l’ultima volta che la vedrà e non riesce a scacciare il funesto presentimento: la guerra viene, la guerra verrà. C’era già su quelle colline ridenti un presagio di distruzione».
Dieci momenti di musica dal vivo entrano, nel corso dei 90 minuti dello spettacolo, sui punti più intensi del racconto. Non un accompagnamento, piuttosto un intervento che nasce dalla parola, che non interrompe il racconto ma lo sottolinea, lo amplifica. Sono brani di alcuni capolavori della musica da camera tra gli anni 20 e gli anni 40, da Stravinskij a Casella a Šostakovič. L’organico di pianoforte, violino, violoncello e clarinetto è stato scelto in funzione di due opere scritte per questa singolare formazione: una composizione di Paul Hindemith del 1938 e il Quatuor pour la fin du Temps scritto nel 1940 da Olivier Messiaen nel campo di concentramento tedesco in cui era internato. Del 1945 è la Sonata per clarinetto e pianoforte di Mario Castelnuovo-Tedesco, che sarà eseguita nella parte finale dello spettacolo, in cui si sentirà come, con Piero Calamandrei costituente, lo spirito di quelle gite è entrato nella ricostruzione del paese e nella stessa Costituzione, con il suo altissimo, originalissimo articolo 9.
Le parole, gli incontri, le emozioni di quelle passeggiate sono vivi, attuali: sono il programma sentimentale e politico di un’Italia che è ancora possibile. «L’Italia ha ancora qualcosa da dire», gridò Piero Calamandrei nel 1944, riaprendo da rettore l’università di Firenze. Quell’aria della libertà può permetterci di respirare ancora: di immaginare un futuro diverso, un futuro semplicemente, profondamente umano.