Ospitalità
13 – 19 novembre 2006 | Sala Ridotto
Compagnia Oltreconfine
in collaborazione con Mercadante Teatro Stabile di Napoli
L’Orizzonte di K.
testo e regia Roberto Cavosi
con Jesus Emiliano Coltorti
scene e costumi Tiziano Fario
musica Alfredo Santoloci
E’ misteriosa la condizione dell’essere umano ed è spesso metafora di prigioni antiche, di ribellioni, di desiderata e mai raggiunta salvezza.
K. è un prigioniero, è “il prigioniero”, che nulla sa del mondo al di fuori della sua prigione, ma da essa pecepisce gli strazi e le speranze dell’umanità. Una sorta di Giuseppe gettato nel pozzo dai fratelli e da dove, smarrito, cerca la via d’uscita. E’ un uomo, corpo santità e spirito, come tutti noi, che attonito osserva e subisce la tortura, l’iniquità del mondo, raccontandoci il dipanarsi di questo nostro impuro e feroce ‘900. Un Caino contemporaneo la cui identità vacilla, diventando Rosa Parks, Bobby Sands, un desaparecidos, un torturato ad Abu Graib….
K. è l’orizzonte, il mistero dell’iniquità, il riflesso antitetico della banalità del male, è lo stupore di chi contempla l’annullamento progressivo al significato della vita. Egli è gonfio del dolore che contempla il creato senza per altro riuscire a spiegarselo, deve solo subirlo. La sua coscienza negata, destrutturata e plagiata dai torturatori diventa paradossalmente necessaria alla salvezza, l’unico vero scampolo d’umanità. Nella dissoluzione della vita, trattata come insignificante oggetto di consumo, egli resiste come seme nella neve, involontaria luce di supremazia. Più K. viene negato più il suo orizzonte s’allarga, più viene umiliato più siamo costretti ad amarlo. Il suo corpo martoriato rappresenta forse l’eresia della ragione, forse l’inefficacia salvifica della croce, ma proprio per questo a maggior ragione dobbiamo amarlo per amare noi stessi, il nostro corpo, i nostri sentimenti, tutto ciò che abbiamo di più caro e di unico.