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MEDEA

di Euripide
traduzione Maria Grazia Ciani
adattamento e regia Gabriele Lavia
con Federica Di Martino (Medea), Daniele Pecci (Giasone), Mario Pietramala (Creonte), Angiola Baggi (Nutrice),  Giorgio Crisafi (Pedagogo), Francesco Sferrazza Papa (Messaggero), Sofia De Angelis e Giulia Horak (Figli di Medea)
e con Silvia Biancalana, Maria Laura Caselli, Claudia Crisafio, Flaminia Cuzzoli, Giulia Gallone, Silvia Maino, Diletta Masetti, Katia Mirabella, Sara Missaglia, Francesca Muoio, Marta Pizzigallo, Malvina Ruggiano, Anna Scola, Lorenza Sorino (Coro)
scenografia Alessandro Camera
costumi Emanuele Zero
musiche Giordano Corapi
luci Michelangelo Vitullo
foto di scena Tommaso Le Pera
produzione Teatro Stabile di Napoli – Fondazione Teatro della Toscana

durata: 1 h e 20′ circa, atto unico

Medea è uno dei personaggi più celebri del mondo classico, per forza drammatica, complessità ed espressività. Euripide la mette in scena nel 431 a.C. e per la prima volta nel teatro greco (almeno quello che è arrivato sino a noi) protagonista di una tragedia è la passione, violenta e feroce, di una donna. Forte, perché padrona della sua vita, tanto da distruggere tutto quello che la lega al suo passato. Una donna diversa, una barbara in una città che la respinge. Gabriele Lavia legge oggi nel capolavoro euripideo il viaggio verso un personaggio sradicato in un paese straniero: Medea è vittima della ‘paura dell’estraneo’, straniera in terra straniera viene vista come un pericolo e, per vendetta, alla fine lo diventa. Ma Medea è anche un’opera in cui la dignità della donna viene affermata con forza, secondo i nuovi principi che stavano sviluppandosi nell’Atene dell’epoca: scavando nell’animo umano e nei grandi interrogativi della vita, Medea diviene lo spettacolo della diversità e dell’istinto.

“Medea è una donna tradita, è una donna che viene da lontano. È ‘figlia del Sole’, non perché partorita dal dio Sole, ma perché viene dal mondo in cui il Sole sorge. Viene dal Caucaso, dall’Oriente, è un’altra cultura. È quel mondo che parla il ‘barbar’, cioè balbetta la lingua greca, da cui ‘barbaroi’, ‘barbari’. Giasone sposa Medea: è come se un signore di Stoccolma sposasse la figlia del re di una tribù dell’Amazzonia, che però ha delle conoscenze che a noi sfuggono. Medea è un testo, come si dice, antico, che non vuole dire morto, passato; al contrario, più è antico e più è vicino a un’origine. L’origine di qualcosa è la sua essenza. Medea, dunque, è più vicina all’essenza del teatro di qualunque testo più recente o, addirittura, attuale. Medea, che si ripete sempre la ‘stessa’ e mai uguale (poiché cambiano le attrici), è ‘contemporanea’ e mette in crisi o denuncia una certa attualità di oggi, svelandone l’inconsistenza o, talora, la falsità. Che cosa è contemporaneo nell’antichissimo? Proprio il fatto che qualcuno lo ‘ripeta’. E per ripetere bisogna apprendere.”

Gabriele Lavia

Una “Medea” davvero claustrofobica – A Fiesole il classico di Euripide rivisitato da Gabriele Lavia
“… Tutto questo per merito dell’asciutta tensione cui si rifà questa strana edizione dove magia e tormento si sovrappongono come in un gioco di specchi. Un grande monumento tragico che riconferma il talento di Lavia e degli interpreti da lui scelti. A cominciare dalla protagonista, Federica Pellegrin.”

Enrico Groppali, Il Giornale, 27 giugno 2015

SCARICA IL PDF DELLA RECENSIONE COMPLETA DELL’ANTEPRIMA DELLO SPETTACOLO AL TEATRO ROMANO DI FIESOLE (19 – 20 GIUGNO 2015)

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