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MISERIA E NOBILTÀ
di Eduardo Scarpetta
regia Arturo Cirillo

con Tonino Taiuti, Milvia Marigliano, Giovanni Ludeno, Sabrina Scuccimarra, Arturo Cirillo, Rosario Giglio, Gino De Luca, Giorgia Coco, Valentina Curatoli, Viviana Cangiano, Christian Giroso, Roberto Capasso, Emanuele D’Errico

scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
disegno luci Mario Loprevite
musiche Francesco De Melis

regista collaboratore Roberto Capasso
assistente alla regia Mario Scandale
assistente ai costumi Gianmaria Sposito
direttore di scena Silvio Ruocco
elettricista Fulvio Mascolo
macchinista Fabio Barra
fonico Salvatore Addeo
sarta Francesca Colica
attrezzisti Mauro Rea, Marco Di Napoli
foto di scena Marco Ghidelli

musiche eseguite da Francesco De Melis (chitarra classica)
Lorenzo Masini (chitarra acustica) Simone Mercuri (armonica a bocca)
Orlando Trotta Paik (voce e percussioni) Vasco Maria Livio (sound design)

produzione Teatro Stabile di Napoli

Ancora nel segno della rilettura di testi emblematici della nostra tradizione teatrale, un secondo spettacolo firmato da Arturo Cirillo, Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta. La celeberrima vicenda di Don Felice scrivano pubblico e Don Pasquale fotografo ambulante, che si fingono parenti del marchesino Eugenio perché questi possa ottenere la mano della figlia di un ex cuoco arricchito, vedrà protagonista nel ruolo che al cinema fu del grande Totò uno scoppiettante Tonino Taiuti (attore dalla carriera trentennale che l’ha già reso un pezzo della storia del teatro napoletano), accompagnato dallo stesso Cirillo e Giovanni Ludeno.

NOTA DI REGIA
Miseria e nobiltà è un bellissimo testo. Come tutti i bellissimi testi dentro ci si trova di tutto, o almeno parecchio. Anche cose che non si pensavano, che erano sfuggite all’esperienza della lettura. È un testo brillante e violento, sentimentale e crudele. Ci senti il rapporto con la tradizione: la fame di Pulcinella e il drammone sentimentale, la famiglia e la condizione sociale, le maschere e i travestimenti, le beffe e gli apparenti lieti fine. La lingua è quella già incontrata in Mettiteve a fa’ l’amore cu me! un po’ di anni fa. Una lingua sincopata, onomatopeica, con cui il corpo ha a volte una vera e propria collusione. 
In questo caleidoscopico contenitore – da cui sono usciti almeno un film celeberrimo (che come tradizione vuole c’entra e non c’entra col testo teatrale) e vari spettacoli (e relative riprese video) su cui ammettiamo che non ci siamo documentati e ai quali non abbiamo chiesto ispirazione – dei temi si sono affermati maggiormente. La fame, con tutto il suo generale apparato di pasti immaginari o reali, elencazioni di cibi, ex cuochi, accordi per pranzi e cene da ripetersi per anni. Altro tema che affiora prepotentemente, quasi da sé, è la paternità. La storia ci ha raccontato di come due importanti famiglie teatrali si siano create e divise in relazione al non riconoscimento da parte di Eduardo Scarpetta dei suoi figli illegittimi. E forse vi è anche un significato ulteriore nel fatto che proprio questo testo sia stato, per tradizione, il terreno di debutto dei figli d’arte, con il padre capocomico che presentava al mondo del teatro il figlio, nei ruoli rispettivamente di Don Felice e Peppiniello. Paternità che si rincorrono fino alla fine, dove il litigio tra padre e figlio del primo atto trova una sua pacificazione e accettazione nel terzo. Una vecchia famiglia si ricrea, dopo che ci si è ritrovati sotto travestite spoglie e divise di servitù.
E poi c’è la vera miseria e la finta nobiltà, vera perché la fame non è effimera, non è eterea ma è concreta e materica. La nobiltà al contrario è apparenza, “albagia”, come un sogno.
Miseria e nobiltà è un bellissimo testo e questa del San Ferdinando è una bellissima compagnia. 
Buon natale e buon anno.

Arturo Cirillo

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