07/12/2017
ore 21:00

IL PRIMO PROCESSO DI OSCAR WILDE
progetto e regia Roberto Azzurro
traduzione di Paolo Orlandelli, adattamento di Massimiliano Palmese
con Roberto Azzurro (Oscar Wilde), Pietro Pignatelli (Edward Carson), Alessio Marchetti (Cancelliere)
Rebecca Lou Guerra (al Pianoforte)

produzione Ortensia T

In tempi in cui accuse, tabù sociali e violenze non cedono ancora il passo ai valori “dell’accettazione, dell’inclusione e del rispetto reciproci”, l’ironia dissacrante e lo spirito caustico di Wilde rimarcano l’importanza della libertà e della salvaguardia dei diritti civili. Oscar Wilde fu protagonista di ben tre processi, che lo portarono alla rovina. Il primo di questi fu intentato da lui stesso ai danni del Marchese di Queensberry che, scoperta la relazione tra suo figlio Alfred e lo scrittore, l’aveva accusato di “posare a sodomita”. A causa delle notizie sulla sua vita privata emerse in questo primo processo, Oscar Wilde verrà in seguito giudicato colpevole del reato di “sodomia” e di “gravi indecenze”, e condannato a due anni di lavori forzati. I verbali dei processi non vennero mai resi pubblici, perché ritenuti scabrosi e compromettenti. Solo nel 2000, l’eccezionale ritrovamento di un manoscritto presso la British Library ci consente oggi di rivivere parola per parola quel l’interrogatorio in cui Wilde diede prova del suo famigerato acume.

Roberto Azzurro (Oscar Wilde) e Pietro Pignatelli (l’avvocato Edward Carson) ripercorrono i momenti salienti di un interrogatorio, in cui Wilde è costretto a rispondere dei suoi rapporti con omosessuali e ragazzi di vita, e lo fa di volta in volta negando, mentendo, scherzandoci sopra. In questo folle ma reale dialogo si intrecciano le note di Chopin eseguite da Rebecca Lou Guerra come una terza voce di questo acrobatico “battibecco”, come fosse una voce dell’anima dei personaggi e dello spettatore contemporaneamente. E diventa quasi un miracolo poter assistere al genio dell’umorismo del poeta inglese, nelle vere risposte date al suo inquisitore, nell’espressione massima della grande ironia di un “gigante” della letteratura mondiale, di cui il 30 novembre 2016 hanno segnato i 110 anni dalla morte.