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PINTER PARTY
Il bicchiere della staffa, Il linguaggio della montagna, Party Time
di Harold Pinter
regia Lino Musella
con Lino Musella, Paolo Mazzarelli, Betti Pedrazzi, Totò Onnis, Eva Cambiale, Gennaro Di Biase, Dario Iubatti, Ivana Maione, Dalal Suleiman
in video Matteo Bugno
scene Paola Castrignanò
costumi Aurora Damanti
musiche Luca Canciello
disegno luci Pietro Sperduti
video Matteo Delbò
coreografia Nyko Piscopo

aiuto regia Melissa Di Genova
assistente alla regia volontario Antonio Turco
assistente alla regia tirocinante Federico II Giacomo Sergio Buzzo
direttrice di scena Teresa Cibelli
capomacchinista Fabio Barra
macchinista Nunzio Romano
datore di luci Giuseppe Di Lorenzo
fonico Italo Buonsenso
datrice video Livia Ficara
sarta Daniela Guida
sarta realizzatrice Deanna Bardazzi
foto di scena Ivan Nocera

realizzazione scene Loft Art e Vatiero
noleggio video Delta Music
trasporti e facchinaggio Santa Brigida

si ringrazia Renata Molinari e Leopoldo Guadagno

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

Durata: 1 ora e 35 minuti (atto unico)

 
 

Nel solco della sua precedente esperienza con Tavola tavola, chiodo chiodo…, Lino Musella torna nel teatro di Eduardo con un lavoro su Harold Pinter, il più importante drammaturgo inglese contemporaneo. Per questo progetto sceglie di non essere in scena da solo, ma coinvolge un nutrito gruppo di attori a partire da Paolo Mazzarelli, suo storico partner artistico.

Andando con la memoria alla genesi del progetto, risalente agli anni della sua formazione, Musella scrive: «Già allora, nonostante la mancanza di esperienza umana e professionale, sentivo che quelle drammaturgie mi colpivano nel profondo, forse perché Pinter, come Eduardo e Shakespeare, è stato anche attore e le relazioni tra i personaggi e le dinamiche create in scena richiedono agli interpreti una spiccata sensibilità e la capacità di comprendere i contenuti più profondi. La possibilità di un legame tra i tre testi mi era saltata all’occhio, già a una prima lettura, perché proprio in questa successione sono raccolti nel volume Einaudi. Nei tre lavori si alternano in racconti diversi le vicende dei tanti oppressori della Storia: hanno voci e volti di esseri umani, sono protagonisti assoluti, quasi a volte divertenti, sicuramente divertiti, messi dall’autore vicini a chi li guarda così da poterli osservare meglio; la condizione dei popoli oppressi è mostrata attraverso la rappresentazione degli oppressori. Nonostante le evoluzioni nel mondo, continuo a sentire in queste tre opere una forza incredibilmente attuale; dagli anni di quelle letture ad oggi qualcosa si è aggiunto e sedimentato, un qualcosa che riguarda anche l’autore. Nel 2005 Harold Pinter riceve il premio Nobel per la Letteratura e il discorso pronunciato in quell’occasione è per me un ulteriore folgorante tassello della sua Opera. Quelle parole affidate al mondo, a noi, dentro e fuori il suo stesso teatro, proseguono e completano il lungo percorso artistico, intellettuale e poetico di un uomo che ha segnato profondamente la cultura del Novecento».

 

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