Ospitalità

6 – 17 dicembre 2006 | Sala Mercadante

Compagnia Pippo Delbono, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Festival delle Colline Torinesi, Teatro di Roma, Théâtre du Rond Point Paris, TNT Théàtre National de Toulouse Midi-Pyrénées, Maison de la Culture d’Amiens, Le Merlan Scene Nationale de Marseille, Le Fanal Scene Nationale de Saint Nazaire, Théàtre de la Place Liegi
Questo buio feroce
di Pippo Delbono
con Dolly Albertin, Gianluca Ballaré, Raffaella Banchelli, Bobò, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Lucia Della Ferrera, Ilaria Distante, Gustavo Giacosa, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo
scene Claude Santerre
direttore tecnico Sergio Taddei
luci Robert John Resteghini
fonico Angelo Colonna
sarta Giada Fornaciari
foto di scena Gianluigi Di Napoli

Una stanza bianca. Vuota. Una scatola senza finestre. Tagli di luce dall’alto. Un battito di un cuore che pulsa forte, sempre più forte. E poi scompare. Esseri umani sconosciuti tra di loro. Alieni. Di un tempo futuro e di un tempo passato. Eleganti. Dai vestiti antichi e alla moda. Il viso bianco. Riproducono giochi. Di adulti. Sadici. Violenti. Crudi. “Salò” il film sacro di Pasolini sulla bestialità dell’essere umano. Questo buio feroce.Esseri umani. Persi. Isolati tra loro. Si cercano. Si trovano. Si perdono. Di nuovo. ”Ognuno traccia intorno a sé un cerchio magico e lascia fuori tutto quello che non si adatta ai suoi giochi segreti.” Esseri Umani. Che gridano. Che piangono. Come bambini. Incoscienti. Perduti. Un gioco che si allarga verso quelli che li guardano nella platea. Lo spazio che li divide da loro scompare. Il cerchio magico si allarga. E poi si richiude di nuovo. Come una pietra gettata in un lago. Che crea altri cerchi. Cerchi che si moltiplicano, si accavallano, ritornano, scompaiono. Come le note di una musica che si ripetono uguali e diverse. Un polmone vivo sotto l’acqua apparentemente ferma. Che pulsa. La pietra sopra il cuore. Il battito del cuore sotto la pietra. Una breccia feroce di luce come i tagli di luce nei drammatici visi del Caravaggio. Voglio gente per rincorrere con me la luce. È un’esplosione. Un concerto rock. Una catarsi. Una rivolta. Rompere i muri con un grido che squarcia la tela come nei quadri di Frida Kahlo la pittrice messicana che dipingeva la sua carne ferita. O i corpi grassi dei torturati nei dipinti del colombiano Botero. Dilaniati. Da un paese in guerra da anni, da molti anni. Da sempre. E i fiori che spuntano ancora da quella carne. Morta. “Per un minuto di vita, per un minuto vedere nel cervello piccoli fiori.” I fiori rossi sempre più fiori da sempre più ferite. Luce sempre più luce nonostante il buio. “Vedere piccoli fiori che danzano come parole sulla bocca di un muto”. Ancora, ancora voglio scrivere d’amore.

Pippo Delbono