6 | 17 ottobre 2004

Teatri Uniti

Sabato, Domenica e Lunedì
di Eduardo De Filippo

regia Toni Servillo

scene Toni Servillo, Daniele Spisa

costumi Ortensia De Francesco

luci Pasquale Mari

con Anna Bonaiuto, Alessandra D’Elia, Toni Servillo, Vincenzo Ferrera, Enrico Ianniello, Gigio Morra, Monica Nappo, Betty Pedrazzi, Tony Laudadio, Marcello Romolo, Francesco Silvestri, Mariella Lo Sardo, Salvatore Cantalupo, Antonello Cossia, Antonio Marfella

Sono un attore e sono quasi sempre stato anche il regista degli spettacoli in cui ho recitato. Per questo motivo dopo aver lavorato intensamente su Moliére (Il misantropo, Tartufo) ora vedo naturale il passaggio a Eduardo: entrambi uniscono nei loro testi, nei loro copioni, parola e gesto in un risultato complessivo che non esclude la regia, ma la comprende. Eduardo è l’autore italiano che con maggior efficacia, all’interno del suo meccanismo drammaturgico, favorisce l’incontro e non la separazione tra testo e messa in scena. Affrontare i suoi testi significa inserirsi in quell’equilibrio instabile tra scrittura e oralità che rende ambiguo e sempre sorprendente il suo teatro. Seguendo con umiltà il suo insegnamento cerco nel mio lavoro di non far mai prevalere il testo sull’interpretazione, l’interpretazione sul testo, la regia sul testo e sull’interpretazione. Il profondo spazio silenzioso che c’è tra il testo, gli interpreti e il pubblico va riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo replica. Ho scelto Sabato Domenica e Lunedì perché Eduardo qui si occupa di una grande famiglia napoletana dove convivono tre diverse generazioni in un momento storico cruciale per l’Italia: gli albori del boom economico che imponeva un nuovo e improvviso modello di sviluppo, con l’affacciarsi di nuovi desideri e nuove mode, capaci di creare da una parte euforia, dall’altra un senso di confusione e di disagio per tutti. Un rivolgimento socioculturale che ha segnato profondamente e tuttora influenza i destini, le idee, i costumi del nostro paese.
Toni Servillo

le foto sono di Renato Rizzardi