VIVA LA VIDA
liberamente tratto dal monologo di Pino Cacucci
adattamento e regia Gigi Di Luca
con Pamela Villoresi
e con Lavinia Mancusi musiche di scena e Veronica Bottigliero body painter
scene Maria Teresa D’Alessio
costumi Roberta Di Capua, Rosario Martone
disegno luci Angelo Grieco
assistente alla regia stagista Filippo Stasi
direttore di scena e macchinista Nicola Grimaudo
elettricista Carmine Pierri
fonico Diego Iacuz
sarta Flora Carbone
foto di scena Marco Ghidelli
in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Napoli Cattedra di Scenografia – Prof. Luigi Ferrigno e Cattedra di Costume per lo spettacolo – Prof.ssa Zaira de Vincentiis
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
Durata spettacolo: 1 ora
“Ho nelle vene sangue di ebrei ungheresi e sangue di indios taraschi, discendo dalla mescolanza di genti perseguitate e conquistate costrette alla fuga e disperse. Sono carne e spirito delle Americhe, sono meticcia, sono figlia di una figlia nata dallo stupro dei guerrieri avidi d’oro “.
La voce della molteplice natura di una donna capace di afferrare con determinazione la propria sofferenza elevandola ad una dimensione poetica. Un urlo di dolore che porta alla luce l’aspetto più propriamente femminile di Frida Kahlo, attraverso simbolismi che richiamano la sua radice multiculturale ed etnica, andando oltre la narrazione biografica e facendo emergere l’anima di Frida donna, messicana, pittrice e rivoluzionaria. Animata dal fuoco dell’amore per Diego, per le donne, per l’arte, per le radici della propria terra, per la sua stessa vita, vissuta voracemente nonostante la fragilità della sua condizione fisica. Frida si mette a nudo, ripercorre l’esistenza travagliata, trascorsa in bilico tra vita e morte. Ormai stanca ed annientata dalla sofferenza, si prepara ad affrontare il suo ultimo viaggio, lasciandosi trasportare in un’atmosfera onirica, nella quale proietta immagini e ricordi.E’ la Pelona, la morte, ad assistere Frida in questo lento abbandono, che la libera dalla gabbia di un corpo deteriorato e le restituisce la vita, come opera d’arte, attraverso la creazione del mito.È in Chavela Vargas, espressione di sensualità e trasgressione, che Frida trova sollievo dal tormento interiore,attraverso momenti di serenità e di intimità.Simbolo della rivoluzione culturale di quel tempo, Chavela canta Frida e per Frida, canta il Messico di quegli anni, in cui il movimento culturale femminile ha fatto si che l’arte stessa fosse rivoluzione, dandole un nuovo volto, rivendicando l’appartenenza e l’identità del passato.
Tre donne in scena, per un canto alla vita, un urlo di amore e di libertà.
Gigi Di Luca