progetto, regia e coreografia Gennaro Cimmino
danzatori Chiara Alborino, Chiara Barassi, Nicolas Grimaldi Capitello, Sibilla Celesia, Flavio Ferruzzi, Aniello Giglio, Mariangela Giombini, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Antonio Nicastro, Christian Pellino, Francesco Russo
cantanti Lalla Esposito e Massimo Masiello
musiche originali Vito Pizzo
costumi Concetta Iannelli
disegno Luci Gianni Netti
produzione Associazione Culturale Körper
Sono anni che ormai parlo di questo spettacolo.
Da ragazzo studiavo teatro e danza contemporanea e già allora leggendo i testi di Viviani ,mi sorprendeva l’attualità degli argomenti da lui trattati . Ho interpretato il Don Nicola, Fravecature, o’ Malamente, Prezzetella a’ capera e tanti altri personaggi maschili e femminili estratti dalle sue commedie. L’interesse per il suo lavoro è aumentato quando ho iniziato a sentire ,quasi come una come necessità, l’esigenza di mettere in scena le sue opere, le poesie, le canzoni, attraverso uno spettacolo di danza.
L’enorme lavoro di Raffaele Viviani, attraverso i suoi speciali affreschi del popolo, affronta moltissime tematiche ,ed è da qui che noi partiremo per sviluppare la messa in scena. Tanti quadri che come vasi comunicanti confluiscono l’uno nell’altro senza soluzione di continuità. Il lavoro e i mestieri, la malavita: i guappi e le prostitute, il teatro nel teatro, ed un quadro finale completamente inventato. Cercheremo ,attraverso i corpi e le voci dei danzattori e delle danzattrici di rappresentare la realtà contemporanea della nostra città. E’iniziata per me una ricerca sul significato della “Napoletanità”, cos’è questo modo di essere che viene spesso raccontato attraverso le canzoni come una cartolina: gente simpatica, aria profumata e sole perenne… un popolo che resta in attesa di eventi che producano il cambiamento, che è ricercato spasmodicamente nelle istituzioni politiche e sociali che organizzano la nostra vita nella società civile. Un popolo con grande energia positiva ma mancante di senso di appartenenza allo Stato, al bene comune; “in attesa”, senza mai pensare che un possibile cambiamento inizia individualmente, partendo da noi stessi, per cercare di abbattere le diseguaglianze sociali e portare sul tavolo della contemporaneità, nuove istanze sul vivere civile. Un popolo che vive aspettando il miracolo…