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ZIO VANJA

di Anton Čechov, regia Pierpaolo Sepe

TEATRO MERCADANTE 25 Marzo 2015   19 Aprile 2015
date da definire

ZIO VANJA

personaggi e interpreti

Aleksandr Vladimirovič Serebrjakov, professore a riposo Paolo Serra
Elena Andreevna, sua moglie Gaia Aprea
Sof’ja Aleksandrovna (Sonja), figlia di primo letto del professore Federica Sandrini 
Mar’ja Vasil’evna Vojnickaja, madre della prima moglie del professore (voce registrata) Sara Missaglia
Ivan Petrovič Vojnickij (Zio Vanja), suo figlio Giacinto Palmarini
Michail L’vovič Astrov, medico Andrea Renzi
Il’ja Il’ič Telegin, ex proprietario, ora in miseria Diego Sepe
Marina, vecchia bambinaia Fulvia Carotenuto
consulenza alla drammaturgia Armando Pirozzi
scene Carmine Guarino
costumi Gianluca Falaschi
luci Cesare Accetta
assistente alla regia Luisa Corcione  assistente alle scene Christina Psoni
direttore di scena Teresa Cibelli 
capomacchinista Nunzio Opera capoelettricista Cristiano Benitozzi
elettricista Marco Spina fonico Italo Buonsenso sarta Roberta Mattera
segretaria di produzione Natalia Di Vivo
foto di scena Marco Ghidelli
realizzazione scenografia e attrezzeria di scena Retroscena costumi The One parrucche Audello
calzature Pompei srl materiale elettrico Emmedue trasporti Autostrasporti Criscuolo
produzione Teatro Stabile di Napoli
DAL 31 MARZO AL 7 APRILE – RIPOSO. LE REPLICHE RIPRENDERANNO DALL’8 AL 19 APRILE.
Il lavoro su Zio Vanja è un lavoro di indagine dell’umano.
La rappresentazione del testo è legata strettamente al lavoro degli attori e al loro reale coinvolgimento emotivo e intellettuale.
Non si può prescindere dalla loro disponibilità, dalla loro volontà di legarsi al personaggio e di farlo vivere sul palcoscenico, dalla loro capacità di creare relazioni intense e verosimili con il testo, con i colleghi.
Čechov non consente alcuno spazio alla vanità di attori e registi; esige onestà, attenzione e cura e, quindi, i criteri rappresentativi non possono che fondarsi sul principio dell’essenzialità, quasi della nudità.
Stiamo cercando di resistere a qualsiasi tentazione di spettacolarizzazione che sottragga potenza e poesia al testo.
Stiamo cercando di raggiungere tutti i significati che il testo contiene cercando di restituirli con la forza e la grazia necessari.
La storia e le problematiche che essa contiene pare non siano invecchiate e ci si ritrova, quindi, a parlare di noi, delle nostre piccole e meravigliose vite, delle nostre paure e dei nostri sogni, di tutto ciò che abbiamo perso, di tutto ciò che abbiamo avuto.
Alla fine sembra trionfare la profonda immoralità delle nostre esistenze, l’incapacità di risollevarsi e di raggiungere una felicità, seppur apparente, e Cechov pare deriderci, raccontandoci come esseri patetici, ridicoli, mortificati e dolenti.
Eppure a me piace scorgere, dietro la velenosa ironia, dietro le intelligenti architetture, una compassione fraterna di chi si duole e si strugge del proprio destino, della propria sorte e di chi, nei suoi racconti e nei suoi testi, ha versato tutte le sue lacrime.
Forse davvero la vita ci ha ingannati, ma forse non poteva andare altrimenti.

Pierpaolo Sepe