Questa notte improvvisamente ci ha lasciati, attoniti e addolorati, Dely De Majo, una carissima amica, una grande attrice, una preziosa collaboratrice. Dely se n’è andata dopo essere salita, per l’ennesima volta, sul palco del Teatro Mercadante con la compagnia di Orestea, con cui in questi mesi ha condiviso fatiche e soddisfazioni (in Coefore interpretava la nutrice Cilissa).

Il Direttore Luca De Fusco, il Presidente Adriano Giannola e tutto lo staff artistico, tecnico e amministrativo del Teatro Stabile di Napoli si stringono con affetto intorno all’amato amico Vittorio, compagno di una vita, e alla famiglia di Dely.

Dely è stata un’attrice tutta la vita, da quando negli anni ’60 esordì con Gennaro Vitiello al Centro Teatro Esse di Via Martucci; nel corso di una lunga e bella carriera ha incontrato i pubblici di tutta Italia, diretta da molti registi, tra i quali Maurizio Scaparro, Marco Sciaccaluga, Lluis Pasqual e dallo stesso Luca De Fusco, che oggi la ricorda così: “Dely è stata una compagna di lavoro di venti anni, con lei realizzai un piccolo festival ad Anacapri oltre che tanti spettacoli. Oggi mi si affollano nella mente mille ruoli. Mi viene in mente Cecchina de La Certosa di Parma e questa ultima bellissima nutrice che tanti applausi le ha meritato. Con lei se ne va una sorella, una compagna di lavoro, un pezzo della mia vita”.

Speriamo che Dely se ne sia andata felice, scesa dal palcoscenico, la sua seconda casa, in compagnia dei suoi colleghi, la sua seconda famiglia. Speriamo di aver contribuito anche solo un poco a rendere belli questi suoi giorni che non sapevamo sarebbero stati gli ultimi, e siamo grati di aver condiviso con lei la gioia e l’impegno di questo mestiere che insieme abbiamo amato, il Teatro.

Per chi volesse unirsi alla famiglia e al Teatro Stabile nel rendere a Dely un ultimo saluto, i funerali si terranno domani, domenica 20 dicembre, alle ore 13.30 presso la Chiesa di San Ferdinando in piazza Trieste e Trento a Napoli.

Solo quando la vita di un uomo arriva alla fine in prosperità si può dire che quell’uomo è felice. (“Agamennone”, Eschilo)